I nuovi orizzonti dei cattolici coreani dopo il Congresso di Seoul
Seoul (AsiaNews) – Un’occasione per conoscere le altre realtà cristiane dell’Asia e comprendere l’importanza della solidarietà e dell’unità fra i vari movimenti laicali della Corea. Sono questi alcuni frutti del Congresso dei laici cattolici dell’Asia, che dal 31 agosto al 5 settembre ha riunito 400 delegati laici da tutte le comunità cattoliche del continente asiatico. A due settimane dalla conclusione, i laici coreani raccontano ad AsiaNews le loro impressioni sul Congresso e si chiedono come possono verificare nella loro vita quotidiana e diffondere a tutti i cattolici di Corea e dell’Asia il messaggio dell’evento.
Lucia Lee Yoon ja, direttrice del giornale cattolico dell’arcidiocesi di Seoul, afferma: “Sono rimasta molto colpita dalle varie testimonianze dei fedeli di altri Paesi, che per la loro fede vivono nella povertà e subiscono discriminazioni e in alcuni casi persecuzioni”. “Attraverso questo Congresso – continua - ho saputo per la prima volta, che in Turkmenistan su 5 milioni di abitanti ci sono soltanto 95 fedeli cattolici e due sacerdoti. Questo mi ha fatto subito ricordare il piccolo gregge dei cristiani nei primi tempi della Chiesa della Corea, circa 200 anni fa, e a tutte le difficoltà che i nostri antenati hanno dovuto subire per la loro fede cristiana comprese le violente persecuzioni”. “Mi sono commossa – aggiunge - pensando alla condizione di questi fratelli e sorelle prima sconosciuti”. La donna sottolinea che “oggi i coreani hanno la libertà religiosa proprio grazie al sacrificio dei martiri, ma si disinteressano delle altre realtà cristiane perseguitate dell’Asia”. “Per noi fedeli coreani – afferma - questo Congresso ci ha permesso di ritornare al cuore puro ed ardente dei primi tempi della nostra Chiesa e deve essere un inizio per la comunione attiva con le Chiese degli altri Paesi dell’Asia che si trovano in difficoltà.”
Fabiano Choi Hong Joon presidente del Consiglio dell’apostolato dei laici cattolici della Corea (Catholic Lay Apostolate Council of Korea), afferma: “Personalmente, sono rimasto molto toccato dalle persecuzioni subite dai cristiani in tanti paesi dell’Asia. Noi cattolici della Corea del sud godiamo la libertà del culto, ma tanti altri fratelli e sorelle dell’Asia patiscono per discriminazioni e violenze”. “Dobbiamo ricordare nelle nostre preghiere questi cristiani – continua - e cercare i modi concreti per esprimere la nostra solidarietà.” Fabiano Choi sottolinea che una di queste chiese perseguitate è proprio quella della Corea del Nord. Per lui i cattolici del sud hanno il compito di pensare ai fratelli affamati oltre confine, soprattutto in questi mesi in cui i dialoghi fra Pyongyang e Seoul sono fermi per motivi politici.
Fabiano Choi, riflette anche sull’impatto del Congresso per le varie comunità cattoliche coreane, in particolare i movimenti laicali.
“Finora – afferma - nella Chiesa cattolica coreana, i movimenti hanno dato il loro contributo prezioso nei vari settori della società, ciascuno secondo il proprio carisma spirituale, ma non vi è stata mai una reale solidarietà fra loro”. Citando l’incontro mondiale dei movimenti e delle comunità ecclesiali con papa Giovanni Paolo II nel 1998, Fabiano Choi sottolinea che già allora il Santo Padre aveva evidenziato l’importanza e l’utilità della collaborazione fra queste comunità. Secondo lui vi è la necessità di organizzare per il prossimo anno un Congresso dei laici cattolici coreani, per creare una reale collaborazione fra i movimenti, soprattutto nell’apostolato.
Anche Tomas Cho, Eun Sang, membro della ricerca dell’apostolato sociale del Consiglio dei laici della Corea, sente l’urgenza di un incontro post-Congresso per condividerne i frutti con tutti i laici cattolici coreani. “La possibilità di mantenere vivo quanto emerso dall’incontro – afferma - dipende da noi, laici coreani, dal nostro atteggiamento. Ci vuole tempo e ricerca per capire, per far maturare ed incarnare i frutti e il senso di questo Congresso.”