I monaci tibetani “suicidi”, vittime della repressione pre-Olimpiadi
di Nirmala Carvalho
Urgen Tenzin, direttore del Centro tibetano per i diritti umani e la democrazia, spiega ad AsiaNews che la morte di Gyaltsen Tsepa Lobsang e Yangpa Locho è piena di particolari misteriosi, e rientra in un accresciuta campagna di repressione attuata da Pechino in vista delle Olimpiadi.
Dharamsala (AsiaNews) – Il suicidio di due anziani e rispettati monaci tibetani, avvenuto nei mesi scorsi, “è pieno di particolari misteriosi, e deve essere inquadrato all’interno di uno spaventoso aumento della pressione da parte delle autorità cinesi sui tibetani. Prima delle Olimpiadi, infatti, il governo sta cercando di ripulire ogni segmento sociale che potrebbe causare problemi”. Lo dice ad AsiaNews Urgen Tenzin, direttore del Centro tibetano per i diritti umani e la democrazia.
I due monaci - Gyaltsen Tsepa Lobsang e Yangpa Locho, entrambi di 71 anni – sono stati ritrovati impiccati nel monastero di Tashilhunpo, sede ufficiale del Panchen Lama e teatro di una delle più violente manifestazioni anti-cinesi mai avvenute in Tibet.
Secondo alcuni lama locali, il governo e gli abati del monastero hanno sempre umiliato ed ostracizzato i due monaci, “colpevoli” di aver educato gli istigatori della più imponente rivolta anti-cinese (avvenuta nella prima metà degli anni ’90) e, soprattutto, autori del riconoscimento dell’undicesimo Panchen Lama, sequestrato poi dalle autorità comuniste.
Inoltre, i monaci che riconoscono il Panchen Lama – se sono ancora in vita – vengono consultati per il riconoscimento del nuovo Dalai Lama: entrambi i “suicidi” erano quindi nella lista di coloro che avrebbero dovuto trovare la reincarnazione dell’attuale leader tibetano, considerato da Pechino “uno scissionista”.
Secondo Tenzin, “la mancanza di libertà religiosa e le severe restrizioni imposte dal governo cinese alla pratica del buddismo tibetano conducono alla disperazione i nostri religiosi, che spesso arrivano a compiere gesti estremi. Tuttavia, in questo caso, non siamo sicuri che i due monaci si siano suicidati: non ne avevano parlato con nessuno, e non hanno lasciato alcun messaggio”.
Questo atteggiamento da parte della Cina “peggiora di giorno in giorno, mentre si avvicinano le Olimpiadi. Pechino ha dato chiare istruzioni ai dirigenti comunisti del Tibet, che impongono con la violenza ogni metodo che ritengono utile per mantenere la sicurezza e la cosiddetta armonia sociale. Questo non farà altro che inasprire la situazione, perché se persino i nostri monaci arrivano alla disperazione, per la popolazione tibetana la crisi è vicina”.
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