30/09/2024, 09.03
ASIA CENTRALE
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I migranti dell'Asia Centrale nell'Europa occidentale

Viste le difficoltà crescenti in Russia, diventa sempre più importante trovare alternative efficaci, considerando che i soldi del lavoro all’estero costituiscono una fetta molto importante del Pil dei Paesi centrasiatici, dal 10% dell’Uzbekistan al 40% del Tagikistan. Un tema che si intreccia con la questione degli afghani in Germania.

Astana (AsiaNews) - La situazione politica della Russia continua a complicare la vita dei migranti lavorativi dell’Asia centrale, e in queste condizioni aumenta la possibilità per i Paesi occidentali di influire sull’economia della regione, anche attraverso gli accordi sulla migrazione legale. D’altra parte, in Gran Bretagna e un po’ in tutta l’Unione europea cresce la pressione delle forze sovraniste, che sono contrarie a questo allargamento. Nella sua recente visita ad Astana, il cancelliere tedesco Olaf Scholz ha concluso accordi in questo campo, senza però diffonderne i dettagli.

Dopo la trattativa con il presidente dell’Uzbekistan, Šavkat Mirziyoyev, Scholz si è limitato ad affermare che l’accordo “permetterà l’indispensabile immigrazione di personale qualificato, di cui in Germania abbiamo grande bisogno”. Recandosi poi a Samarcanda, il cancelliere ha concordato anche “semplici e necessarie procedure” affinchè “coloro che devono tornare indietro ritornino veramente”, un’aggiunta evidentemente ad uso interno dell’opinione pubblica tedesca.

La Germania è soltanto uno dei tanti Paesi in cui l’immigrazione suscita reazioni e tensioni in tutta la società, che del resto è uno degli strumenti più efficaci per sviluppare le relazioni con l’Asia centrale, la cui importanza strategica a livello geopolitico cresce in proporzione al dilungarsi della guerra russa in Ucraina. L’esperto e pubblicista Jan Matusevič, bielorusso nato in Kazakistan, osserva che “il governo tedesco si trova di fronte a una questione di non facile soluzione”, cercando di imbrigliare le tendenze anti-migranti a fronte delle vittorie elettorali recenti dell’estrema destra, e allo stesso tempo di risolvere i problemi della carenza di forza-lavoro, uno dei maggiori freni alla crescita economica del Paese.

Viste le difficoltà crescenti in Russia, per i migranti diventa sempre più importante trovare alternative efficaci, considerando che i soldi del lavoro all’estero costituiscono una fetta molto importante del Pil dei Paesi centrasiatici, dal 10% dell’Uzbekistan al 40% del Tagikistan. Nel Regno Unito peraltro nel mese scorso vi sono state manifestazioni piuttosto violente contro le migrazioni, protestando contro i programmi che prevedono di attirare migliaia di lavoratori dall’Asia centrale. Le richieste nelle varie regioni britanniche sono molto elevate, e le agenzie di mediazione ne approfittano con numerose truffe e violazioni della legalità.

Gli stipendi in Paesi occidentali sono per i migranti superiori di due-volte a quelli che possono guadagnare in Russia, ma il flusso rimane ancora piuttosto contenuto, anche rispetto a Paesi con maggiori tradizioni di rapporto con questa regione, come ad esempio la Corea del sud.  Attualmente secondo Die Zeit in Germania vivono 13.700 uzbeki, dei quali solo 200 si trovano in situazione irregolare, una cifra minima rispetto al complesso dei 225mila migranti da rimpatriare. L’accordo tra Scholz e Mirziyoyev dovrebbe rendere molto più semplice la gestione dell’intera situazione, in analogia con simili intese tra Berlino e altri Paesi come Marocco, Kenya e Georgia.

La ricercatrice tedesca Beate Eschment, del centro berlinese di studi internazionali ZOiS, osserva che “i dibattiti sulle migrazioni oggi sono molto confusi e irrazionali”, e non permettono ai governi di assumere posizioni efficaci, considerando che “abbiamo un assoluto bisogno di lavoratori, e che questi possono venire soltanto dall’estero”. Alcuni fattori potrebbero rendere la questione ancora più drammatica, non solo per la “migrantofobia” dei russi e delle forze conservatrici in Europa e in America, ma anche per contingenze particolari come l’enorme numero di afghani che la Germania vuole a tutti i costi rispedire a Kabul.

Siccome la Germania e gli altri Paesi europei non intendono avere rapporti ufficiali con i talebani, l’Uzbekistan potrebbe offrire una via d’uscita molto praticabile, visto che Taškent non ha problemi ad accordarsi con gli afghani, e si potrebbe realizzare uno scambio vantaggioso per tutte le parti in causa. L’Asia centrale si attende un sostegno più convinto da parte dell’Occidente, superando timori e titubanze di questa complessa fase geopolitica.

 

Foto: Flickr / Rasande Tyskar

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