10/10/2011, 00.00
MYANMAR
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I cambiamenti del Myanmar frenati dal conflitto interno alla giunta

L’interruzione ai lavori della diga di Myitsone e l’annuncio di una maggiore libertà per i media segnali di maggiore libertà. Il presidente Thein Sein apre al cambiamento, osteggiato dai vertici dell’esercito. Nel Paese aumentano il divario sociale e i poveri nelle periferie urbane. L’opera della Chiesa cattolica nelle zone colpite dalla guerra.
Yangon (AsiaNews) – Maggiore libertà di stampa e meno censura sui media; la partecipazione di Aung San Suu Kyi alla politica attiva del Paese e l’interruzione dei lavori di costruzione della diga di Myitsone (Stato settentrionale Kachin, al confine con la Cina), perché osteggiata dalla popolazione birmana: sono i primi segnali di un cambiamento in Myanmar. Tuttavia, come sottolineato dalla leader dell’opposizione nei giorni scorsi, è ancora prematuro indicare quali potranno essere gli sviluppi futuri; vi è infatti un conflitto interno alla leadership politica, cresce il divario sociale e il numero dei poveri – soprattutto nelle periferie urbane – e molte delle zone in cui vivono le minoranze etniche continuano a essere teatro di conflitti fra esercito e milizie ribelli.

Nei giorni scorsi i vertici del Dipartimento birmano per la censura sui media hanno invocato una maggiore libertà di stampa. Da settimane emergono segnali secondo cui il presidente Tein Sein e il suo esecutivo – nominalmente civile, ma formato da ex membri della leadership militare – hanno avviato un cammino di riforme e maggiore democrazia. I giornali vicini alla dissidenza, fra cui Democratic Voice of Burma (Dvb), invitano però a non nutrire false speranze di rapido cambiamento. Nei giorni scorsi, infatti, funzionari dell’intelligence avrebbero elaborato un dossier contenente informazioni sui giornalisti birmani e corrispondenti delle testate straniere. Il Comitato per la protezione dei giornalisti (Cpj), con base a New York, aggiunge che il panorama dei media resta sempre “controllato in modo pesante”.

Esperti di politica birmana, che chiedono l’anonimato per motivi di sicurezza, confermano ad AsiaNews che in Myanmar “qualcosa si muove, il clima sta cambiando”, perché si intravedono “aperture in alcuni settori”. Tuttavia bisogna osservare i mutamenti “nel lungo periodo” e capire quali saranno gli sviluppi “di un conflitto che emerge sempre più forte tra l’attuale governo e i leader dell’ex regime militare, tra cui il generalissimo Than Shwe”. Resta un dato di fatto: “la gente – raccontano le fonti – comincia ad apprezzare la classe politica e il presidente Thein Sein”. La decisione di interrompere i lavori della diga sull’Irrawaddy, in aperto contrasto con la volontà e gli interessi della Cina, rappresenta un cambiamento forte che “lascia intuire una svolta nella linea politico-economia del Paese”. Un cambiamento che investe anche giornali e media, dove si parla di Aung San, l’eroe dell’indipendenza a lungo oscurato dal regime, e della figlia Aung San Suu Kyi, libera di muoversi dopo aver trascorso 15 degli ultimi 21 anni agli arresti domiciliari.

In un periodo di cambiamenti, emerge però un divario sociale ancora più netto fra ricchi e poveri: “la realtà della gente che vive nelle periferie – racconta un abitante di Yangon – è miserabile. Aumentano sempre più le persone che chiedono l’elemosina per sopravvivere; pur lavorando, molta gente fatica ad arrivare a fine mese”. Tra i vari problemi irrisolti, resta ancora aperto il conflitto fra esercito birmano e milizie ribelli Kachin nell’omonimo Stato, nel nord del Myanmar. Un’ala del movimento vorrebbe un accordo con il governo centrale, ma una parte della leadership intende combattere sino all’ultimo, rifiutando ogni ipotesi di accordo.

Intanto la Chiesa cattolica birmana si adopera per portare sollievo ai poveri nelle grandi città e alle popolazioni del nord, colpite dalla guerra. Molti sacerdoti si avventurano all’interno delle foreste, per raggiungere i villaggi più isolati e portare beni e conforto spirituale alla gente; diverse parrocchie accolgono profughi e sfollati. Fonti locali raccontano che “la guerra continuerà: la fiamma del conflitto è accesa ed è troppo forte perché possa essere spenta”.(DS)
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