Hwang il “pioniere” vince contro l’Università: può clonare cani
Seoul (AsiaNews) – Il falso “pioniere della clonazione umana”, il veterinario sudcoreano Hwan Woo-suk, ha vinto una causa intentata contro l’Università nazionale di Seoul a proposito degli aspetti commerciali della clonazione canina. Agli inizi del 2005, infatti, lo pseudo-scienziato era riuscito a clonare un cucciolo di cane, ma l’ateneo della capitale aveva trattenuto il brevetto commerciale delle tecnologie usate dato che “all’epoca Hwang era un dipendente dell’Università”.
Il tribunale, dichiara oggi la Fondazione per la ricerca sulle bio-tecnologie Sooam, “ha invece deciso di rendere la paternità al professor Hwang”. In effetti, si è trattato piuttosto di un ritiro: l’Università ha infatti deciso di non appellarsi dopo una sentenza, favorevole per lo scienziato, emessa lo scorso anno.
Nel 2005 Hwang Woo-suk, un tempoe eroe nazionale, è caduto in disgrazia dopo che la comunità scientifica internazionale e l’Università della capitale hanno smascherato i risultati delle sue ricerche sulle cellule staminali umane, contraffatti in laboratorio per dare l’impressione di essere riuscito a clonare cellule sane da malati affetti da patologie al momento incurabili. I risultati delle sue ricerche erano stati pubblicati in due numeri della rivista scientifica statunitense Science. Il ricercatore affermava di aver creato linee di cellule staminali con la clonazione di embrioni umani.
Nel 2006 la Corea del Sud ha bloccato le sue ricerche cellulari e l’anno successivo ha avviato un procedimento giudiziario a suo carico. Nel 2008, il 56enne veterinario aveva chiesto il permesso di riprendere la ricerca sulle cellule staminali umane; la richiesta è stata respinta dal governo sud-coreano. Egli sosteneva che l’uso delle cellule staminali avrebbe conseguenze positive nel trattamento di malattie quali infarti, Alzheimer e Parkinson.
Nel caso della clonazione canina, il problema legale riguardava le tecniche usate. Secondo i giudici, quelle usate da Hwang “sono diverse da quelle usate all’epoca all’interno dei laboratori dell’università. Di conseguenza, la paternità e l’uso commerciale rimangono nelle mani dello scienziato”.