Hunan, 5mila minatori da settimane in sciopero, nel disinteresse dei sindacati
Pechino (AsiaNews/Agenzie) – Nella Cina comunista i sindacati non tutelano i lavoratori, che sono costretti a combattere da soli per difendere il salario.Un esempio è quanto accade nrll'Hunan, dove oltre 5mila minatori della Hunan Coal Industry Group sono in sciopero dal 22 agosto a difesa dei loro diritti. Il governo vuole privatizzare la ditta, ora di proprietà pubblica, e molti operai lamentano che vuole privarli di parte dei salari.
Tutto è nato dalla decisione dello State Assets Administration Committee di costituire una joint venture tra varie ditte della zona, per creare un gruppo forte e quotarlo in borsa entro 3 anni. I dirigenti hanno preparato un nuovo contratto per la nuova ditta, ma non lo hanno fatto vedere ai lavoratori. Invece, i dirigenti della miniera Tuoshan della Jinzhushan Mining Industry, che farà parte del gruppo, hanno predisposto contratti già firmati e hanno “fermato i lavoratori all’ingresso della miniera e chiesto di imprimere l’impronta digitale sul contratto per indicare il ‘si’, dicendo che altrimenti non li facevano andare a lavorare”. Sorpresi, molti hanno firmato senza leggere bene. Con il nuovo contratto, chi vuole continuare a lavorare deve rinunciare ai salari cui ha diritto al momento del licenziamento: un mese di paga per ogni anno di lavoro, alcuni vi lavorano da 30 anni.
I minatori di Tuoshan hanno avvertito quelli di 3 altre miniere e tutti sono scesi in sciopero. Essi chiedono solo il riconoscimento dei loro diritti economici, presidiano la miniera notte e giorno e vanno a mangiare a turno. Dormivano nella sala riunioni, ma dopo che è stata chiusa dormono all’aperto.
Nella Cina comunista il sindacato unico All-China Federation of Trade Unions è organo del Partito, come pure lo sono i membri del governo locale che decide sullo sviluppo economico della zona. Spesso le autorità locali per fare carriera devono ottenere una rapida crescita economica, anche a danno dell’ambiente, della salute dei cittadini, dei diritti dei lavoratori. Come risultato i lavoratori, oltre a non essere aiutati dal loro sindacato che di rado interviene in queste dispute, si vedono contestare persino il diritto di fare uno sciopero pacifico.
He Yiming, che lavora qui da oltre 10 anni, spiega al South China Morning Post che le autorità dopo pochi giorni hanno dichiarato lo sciopero illegale e “hanno minacciato che se non riprendiamo subito il lavoro, arresteranno chi guida lo sciopero”. He protesta che loro non hanno fatto nessuna violenza, ma vogliono solo “una risposta”.
Intanto i minatori accusano la compagnia di aver reclutato numerosi picchiatori a 200 yuan al giorno, una cifra alta, per presidiare la miniera.
La mancanza di un sindacato che media tra le parti aggrava le proteste. Ad agosto oltre 400 operai hanno occupato gli uffici della fonderia Linzhou Iron and Steel, nell’Henan, e preso ostaggi per opporsi alla privatizzazione che avrebbe causato migliaia di licenziamenti. A fine luglio migliaia di operai della fonderia statale Tonghua Iron and Steel Group nel Jilin hanno aggredito e ucciso di botte un dirigente che li aveva dileggiati dicendo che sarebbero stati tutti licenziati.
La prima parte del dossier: Per la crisi la Cina ha perso 41 milioni di posti di lavoro, il 40% della perdita mondiale