Hu ringrazia la polizia. Nelle prigioni crescono le morti per tortura
Pechino (AsiaNews/Agenzie) – Il presidente Hu Jintao ha elogiato la polizia per “l’eccezionale contributo” alla sicurezza in questi giorni di festa per i 60 anni della Repubblica popolare cinese, proprio mentre si moltiplicano le testimonianze su morti sotto torture negli interrogatori e nelle prigioni cinesi.
Ieri Hu, che è pure capo della Commissione militare e segretario del partito comunista, ha incontrato rappresentanti delle forze speciali della polizia e ha elogiato il loro lavoro soprattutto durante la parata e la festa tenutasi su piazza Tiananmen il 1° ottobre. Hu ha apprezzato il contributo dei poliziotti e ha detto che essi dovrebbero potenziare le loro capacità e le strumentazioni per accrescere la pubblica sicurezza soprattutto in piazza Tiananmen.
Fin dal giorno prima le forze dell’ordine hanno isolato la piazza e il viale di Changan, obbligando alla chiusura negozi e uffici e gli abitanti a rimanere in casa. La popolazione che voleva vedere la parata è stata tenuta lontano. Nelle settimane precedenti almeno 6 mila persone, fra criminali e portatori di petizioni, sono stati arrestati.
L’elogio di Hu alle forze dell’ordine sembrano voler coprire le inquietanti notizie che si diffondono fra attivisti e blog, secondo i quali continuano ad accadere uccisioni di prigionieri sotto tortura.
Il 6 ottobre perfino la Xinhua ha pubblicato la storia di Wang Xilian, un sessantenne dell’Anhui che la polizia ha torturato sotto interrogatorio per estrargli la confessione per un caso di rapina. Per giorni le guardi lo hanno privato di cibo, acqua, sonno, picchiandolo e infilandogli fino a 90 sigarette accese nelle narici.
Xinhua afferma che è importante controllare le carceri per evitare soprusi. Va notato che Pechino ha sottoscritto la Convenzione Onu contro la tortura, ma ancora nel 2008 l’organismo internazionale ha fatto notare che la tortura e trattamenti degradanti dei detenuti sono diffusi in Cina.
L’organizzazione China Human Rights defenders riporta gli ultimi 3 casi di cui è venuto a conoscenza:
1) quello di Li Shulian, una donna di Longkou (Shandong), morta il 2 ottobre per maltrattamenti e tortura, dopo il suo arresto – il 3 settembre - per aver presentato petizioni. La polizia ha anche bloccato alcuni avvocati attivisti che voglono indagare sul suo caso, giudicato come un “suicidio per impiccagione”.
2) Il caso di Liu Fengqin, una 66enne di Liuguanggtun (Tangshan, Hebei), condannata il 31 luglio scorso a un anno di rieducazione attraverso il lavoro per aver “disturbato l’ordine pubblico” tentando di presentare petizioni. Il 23 settembre anche suo marito è stato arrestato e inviato nello stesso campo di lavoro. Ma egli non è riuscito ad avere notizie della moglie. Solo in seguito egli è venuto sapere che Liu Fenqin è morta il 25 settembre “per problemi al cuore”. Il direttore del campo non dato nessuna dichiarazione ufficiale, né ha permesso ai familiari di vedere il suo corpo.
3) Il caso di Shi Yuedu, giovane della minoranza Yi, poco più che ventenne, condannato a tre anni per piccoli furti. Lo scorso giugno è morto “per una malattia al cuore”. La famiglia incredula ha chiesto un’autopsia. Essi, vedendo il suo corpo, hanno notati evidenti segni di tortura. Il capo della prigione ha offerto alla famiglia uno scambio: rifiutare l’autopsia e accettare un compenso di decine di migliaia di yuan. Egli ha precisato che se la famiglia continua a domandare l’esame sulla salma, l’autopsia confermerà la versione della prigione e loro non riceveranno nulla.
09/11/2020 15:23