Hu Jintao provoca gli Usa: lo yuan e non il dollaro come valuta di riferimento mondiale
Pechino (AsiaNews/Agenzie) – Il presidente cinese Hu Jintao sollecita gli Stati Uniti a finire la “improduttiva” guerra fredda nei loro rapporti e propone di aumentare gli ambiti di collaborazione, ma non accetta di apprezzare lo yuan e, anzi, osserva che occorrerebbe una nuova valuta di riferimento mondiale al posto del dollaro.
Hu, che dal 18 gennaio sarà in visita negli Stati Uniti, ha scelto un’intervista ai quotidiani Wall Street Journal e Washington Post per delineare le sue posizioni.
Sulla questione cardine delle valute, la Cina avverte che non accetterà le richiesta di Washington, che ritiene lo yuan sottostimato e preme per un robusto apprezzamento. Gli Usa lamentano che la Cina ha così un ingiusto vantaggio negli scambi commerciali, invadendo i mercati con prodotti economici. Ma Pechino rifiuta ogni revisione del cambio, a difesa della sua produzione e per timore della perdita di posti di lavoro. Gli Usa sperano che la Cina debba apprezzare lo yuan per combattere la rapida inflazione, ma Hu ha chiarito che “è difficile che l’inflazione possa essere determinante sulla politica dei cambi valutari”, aggiungendo che il problema è “sotto controllo” (anche se analisti osservano che i prezzi al consumo aumentano rapidi, come pure prosegue la bolla speculativa nel settore immobiliare).
Anzi la Cina osserva che “la liquidità del dollaro Usa dovrebbe essere mantenuta a un livello ragionevole e stabile”: Pechino ha detto che la decisione a novembre della Federal Reserve di comprare 600 miliardi di bond governativi Usa potrebbe provocare la svalutazione di altre valute, specie dei Paesi emergenti. Inoltre ammonisce che il dominio del dollaro Usa come valuta di riferimento mondiale è “prodotto del passato”. Hu indica che lo yuan può sostituire il dollaro come nuova valuta di riferimento, seppure all’esito di “un processo abbastanza lungo”.
La Cina possiede 2.850 miliardi di dollari del debito Usa.
Hu suggerisce di aumentare la cooperazione in settori come le fonti di energia, l’energia pulita, lo sviluppo di infrastrutture, l’aviazione e lo spazio. Esperti notano che si tratta dei settori dove Pechino è in svantaggio rispetto agli Usa ma è competitiva. In cambio Hu si è mostrato ottimista, tra l’altro, circa la difficile situazione della penisola coreana: la Cina è il grande alleato della Corea del Nord, ma finora è poco intervenuta per frenare l’escalation di tensione conseguita a iniziative militari di Pyongyang contro la Corea del Sud.
Il presidente Usa Barack Obama alla vigilia della visita appare voler rilanciare il tema del rispetto dei diritti umani, in precedenza da lui sottaciuto nei rapporti con Pechino (il 14 gennaio Obama ha ricevuto alla Casa Bianca alcuni noti difensori dei diritti umani in Cina, tra cui alcuni cinesi trattati da Pechino come criminali). La Cina gioca d’anticipo e ha già ribadito che rifiuta ingerenze nella sua politica interna, che qualifica come “guerra freddo” e mancanza di “reciproco rispetto”. Ha precisato che la Cina non discrimina le compagnie estere e si aspetta “lo stesso trattamento” per le ditte e le merci cinesi, rispondendo in modo indiretto a chi critica i governi occidentali perché nei rapporti con Pechino trascurano i diritti umani e parlano solo di affari.
Analisti osservano che la Cina non appare desiderosa di fare concessioni alle richieste Usa, mentre è pronta a presentare richieste nelle questioni che ha a cuore: come la vendita Usa di armi a Taiwan, o il controllo del Mar Cinese Meridionale che Pechino considera una sorte di mare “interno” mentre gli Usa vi aumentano la presenza ponendosi a favore della Corea del Sud e delle rivendicazioni territoriali di Giappone e Vietnam verso la Cina.
Esperti osservano che l’offerta cinese di acquistare il debito pubblico dei Paesi europei in difficoltà può anche servire per iniziare un dialogo privilegiato con l’Europa, invece che solo con gli Stati Uniti.