Hrw: il governo birmano complice delle violenze contro i musulmani Rohingya
Yangon (AsiaNews/Agenzie) - Le forze di governo birmane hanno assistito al divampare delle violenze confessionali nello Stato di Rakhine, a ovest del Myanmar, nel giugno scorso, senza intervenire con la necessaria tempestività. Al contrario, nei giorni successivi i militari hanno aperto il fuoco contro la minoranza musulmana Rohingya, intenta a cercare di salvare le proprie abitazioni da incendi e devastazioni. È quanto denuncia Human Rights Watch (Hrw), ente con base a New York, in seguito a inchiesta in cui sono state raccolte quasi 60 interviste a testimoni della maggioranza buddista Arakan e della minoranza musulmana Rohingya. Gli attivisti auspicano una risposta globale forte alle "atrocità" commesse durante gli scontri, che hanno causato la morte di 78 persone, 100mila circa gli sfollati a larga maggioranza musulmani che hanno abbandonato le terre di origine in cerca di rifugio all'estero.
Brad Adams, direttore per l'Asia di Hrw, spiega che "secondo i proclami" il governo birmano è impegnato a "mettere fine alle violenze interconfessionali", ma "in realtà, i fatti ... dimostrano che continuano le persecuzioni e le discriminazioni sponsorizzate dallo Stato". Egli invita la comunità mondiale a "non chiudere gli occhi" davanti a un "romantico cambio" di facciata delle autorità a Naypyidaw.
Le violenze contro i birmani Rohingya sono un problema decennale, aggravato dal fatto che il governo del Myanmar considera la minoranza musulmana come immigrati irregolari, provenienti dal vicino Bangladesh. Tuttavia, Dhaka ha sempre negato loro il visto di ingresso e persegue una politica di respingimenti verso i profughi. Proprio in questi giorni il governo bangladeshi ha ordinato a tre enti no profit internazionali - Medici senza frontiere, Action Against Hunger e Muslim Aid Uk - di interrompere gli aiuti ai rifugiati Rohingya che varcano i confini. Per un funzionario, la carità "incoraggia il flusso di profughi".
A giugno la Corte distrettuale di Kyaukphyu, nello Stato birmano di Rakhine, ha condannato a morte tre musulmani, ritenuti responsabili dello stupro e dell'uccisione a fine maggio di Thida Htwe, giovane buddista Arakanese, all'origine dei sanguinosi scontri interconfessionali fra musulmani e buddisti (cfr. AsiaNews 19/06/2012 Rakhine, violenze etniche: tre condanne a morte per lo stupro-omicidio della donna). Nei giorni seguenti, una folla inferocita ha accusato alcuni musulmani uccidendone 10 che viaggiavano su un autobus, del tutto estranei all'omicidio.
La spirale di odio è sfociata in una guerriglia che ha causato la morte di altre 29 persone, di cui 16 musulmani e 13 buddisti. Secondo le fonti ufficiali sono andate in fiamme almeno 2600 abitazioni. Le violenze hanno inoltre innescato un vero e proprio esodo della minoranza musulmana Rohingya, determinando la fuga di centinaia fra uomini, donne e bambini in cerca di rifugio sulle coste di Bangladesh e Thailandia; tuttavia, Bangkok e Dhaka perseguono la politica dei respingimenti non riconoscendo lo status di rifugiati politici agli esuli della minoranza musulmana birmana.