Honiara al voto: in gioco il patto con la Cina e i fondi per lo sviluppo
L'attuale primo ministro, Manasseh Sogavare, negli ultimi cinque anni si è avvicinato a Pechino, che ha finanziato una serie di progetti infrastrutturali. Diversi candidati dell'opposizione vorrebbero tornare nella sfera di influenza dei partner tradizionali, Australia e Nuova Zelanda. Ma secondo i commentatori nelle elezioni del 17 aprile peseranno anche le questioni di politica interna, perlopiù ignorate dai contendenti.
Honiara (AsiaNews/Agenzie) - Saranno seguite con attenzione le elezioni nazionali che si terranno fra due giorni alle Isole Salomone: il primo ministro Manasseh Sogavare, che nel 2022 ha firmato un patto di sicurezza con la Cina destando preoccupazione tra gli alleati occidentali, spera di essere il primo premier a essere eletto per due mandati consecutivi. Ma anche le questioni interne avranno il loro peso: le Isole Salomone sono uno dei Paesi più poveri del Pacifico, con scarse infrastrutture e un sistema sanitario inefficiente, il cui sviluppo è stato spesso garantito grazie agli aiuti esteri (tradizionalmente provenienti dall’Australia e dalla Nuova Zelanda), un tema su cui si sono concentrati alcuni candidati dell’opposizione.
Nel 2019 (anno in cui Sogavare, presentatosi come candidato indipendente, è stato eletto premier dopo aver in precedenza ricoperto l’incarico già quattro volte) le Isole Salomone hanno interrotto i rapporti diplomatici con Taiwan per avvicinarsi alla sfera di influenza cinese. Le elezioni, inizialmente previste per il 2023, sono state rinviate di un anno dallo stesso premier per evitare che si tenessero in contemporanea con i Giochi del Pacifico, le cui infrastrutture sono state quasi interamente finanziate da Pechino.
Durante la campagna elettorale, caratterizzata dallo slogan “Look North”, lanciato per la prima volta nel 2008, Sogavare ha ribadito l’importanza del sostegno cinese per la realizzazione dei progetti infrastrutturali, un appoggio “fondamentale” e che “aiuta a posizionare il nostro Paese su un percorso più favorevole, con il giusto piede a livello nazionale e internazionale”, ha dichiarato.
Diversi candidati all’opposizione vorrebbero rivedere la posizione delle Isole Salomone nei confronti della Cina: tra questi Peter Kenilorea Jr., che ha chiesto che i dettagli del patto sulla sicurezza con la Cina siano resi pubblici e secondo il quale è necessario riallacciare i rapporti anche con Taipei. Anche Matthew Wale, che, alleatosi con l'ex primo ministro Rick Hou, ha promesso un miglioramento dell'istruzione e della sanità e, in politica estera, ha affermato di voler dare la priorità agli interessi nazionali. E infine Daniel Suidani, candidato come governatore di Malaita, la provincia più grande, dalla quale già in passato aveva escluso le aziende cinesi.
Alcuni commentatori però ritengono che la politica estera abbia eclissato le questioni di interne che avrebbero meritato più attenzione da parte dei contendenti: “Dovremmo mettere da parte la geopolitica e rispondere prima alle esigenze impellenti di sviluppo e alle difficoltà che le popolazioni che vivono nelle isole remote affrontano da decenni”, ha spiegato l'ex vice-cancelliere dell'Università nazionale delle Isole Salomone, Jack Maebuta. Anche Ruth Liloqula, responsabile di Transparency Solomon Islands, ha fatto eco a queste affermazioni, criticando i partiti per aver basato la campagna elettorale “principalmente sulla politica estera”: “Guardate prima alle aree marginali, piuttosto che al Nord o a qualsiasi altro luogo vogliate guardare, e ricordate che le persone nelle aree remote soffrono ogni giorno”, ha commentato.
Situate a 1.600 chilometri a nord-est dell'Australia, le Isole Salomone hanno una popolazione di circa 700mila abitanti, perlopiù divisi su sei isole principali: Choiseul, Guadalcanal, Makira, Malaita, Nuova Georgia e Santa Isabel. Il 17 aprile le votazioni si terranno dalle 7 alle 16. I 50 membri del nuovo parlamento, una volta creata una coalizione di governo, nomineranno il premier.
Sogavare è salito al potere per la prima volta nel 2000 per 17 mesi. Ha ricoperto nuovamente il ruolo nel 2006 per 18 mesi, ed è poi stato eletto nel 2014, ma senza terminare il mandato di quattro anni a seguito di un voto di sfiducia. Nel 2021, quando sono scoppiate rivolte antigovernative, il premier è stato costretto a chiedere l’intervento delle forze di sicurezza australiane per ristabilire l’ordine.
Per gli osservatori è difficile prevedere l’esito elettorale: in passato, la sera prima delle elezioni, chiamata la “notte del diavolo”, si sono registrate compravendite di voti, al punto che la Commissione elettorale ha dovuto lanciare una campagna che esorta i cittadini a “mantenere segreto il proprio voto e dire no al voto di scambio”.
22/04/2024 14:12
29/03/2022 13:01