Hong Kong, approvata la legge sul salario minimo
Lee, che guida uno dei primi sindacati sul territorio cinese, aggiunge: “Il lavoro da fare è ancora molto, ma siamo contenti per questo primo passo. Ora dobbiamo impegnarci perché venga estesa il più possibile e vigilare affinché non si verifichino trucchi contrattuali da parte degli industriali”.
Dopo una lunghissima querelle fra lavoratori, sindacalisti, unione industriali e governo di Hong Kong, l’esecutivo del Territorio ha introdotto una legislazione che garantisce il salario minimo orario. La nuova legge produrrà benefici immediati per almeno 270mila lavoratori sottopagati, circa il 10 % del totale dei dipendenti dell’ex colonia. Questi, da oggi, dovranno guadagnare almeno 28 dollari di Hong Kong (circa 2,8 euro) per ogni ora di lavoro.
Quasi tutte le nazioni asiatiche – fatta eccezione per Singapore – hanno almeno sulla carta una legge che difende il salario minimo. Il Territorio si è decisa dopo una dura battaglia sociale grazie alla pressione della società civile. Per l’unione industriale, si tratta di un grosso errore per gli alti costi che comporta; secondo altri critici, in questo modo si “tagliano” le radici liberali che hanno caratterizzato da sempre il mercato di Hong Kong.
Tuttavia, la situazione interna era divenuta insostenibile. Moltissimi datori di lavoro erano arrivati a riscrivere i contratti in modo da non pagare le pause per il pasto e i giorni di ferie: ora invece gli addetti alle pulizie stradali, le guardie di sicurezza e i dipendenti dei ristoranti (le categorie coperte dalla nuova legge) avranno un nuovo accordo imposto dall’alto.
La legge non copre invece i quasi 300mila dipendenti nel campo “privato”: i collaboratori domestici, quasi tutti provenienti da Filippine e Indonesia, non saranno tutelati perché ritenuti facenti parte di accordi del tutto privati, stipulabili soltanto fra padrone di casa e domestico.
26/10/2017 08:55