Harbin, contadini in rivolta contro il furto dei terreni: un morto e diversi feriti
Un gruppo di investitori ha pianificato il furto delle terre di un villaggio nei pressi di Harbin. Per protesta, i contadini hanno montato dei blocchi stradali, ma sono stati attaccati da polizia e uomini in borghese inviati dagli industriali per liberare la zona.
Harbin (AsiaNews/Agenzie) – Almeno un morto e dozzine di feriti: è questo il bilancio dello scontro che si è verificato ieri fra la polizia e gli abitanti di un villaggio nei pressi di Harbin - nella provincia nord-orientale dell’Heilongjiang - che protestavano contro il furto delle loro terre.
Gli scontri sono iniziati nella prima mattinata, quando oltre 100 agenti in tenuta anti-sommossa e diversi uomini in borghese hanno attaccato i contadini di Yutian, che avevano montato dei blocchi stradali per impedire che i loro terreni venissero rubati da alcuni investitori della zona.
Secondo testimoni oculari, il primo assalto è stato effettuato da questi uomini in borghese, inviati dagli acquirenti per eliminare i manifestanti: armati di bastoni e mazze di ferro, hanno colpito i contadini che però non si sono allontanati. Per questo, il gruppo di investitori – che sarebbe guidato dal segretario comunista locale Li Peizeng – ha deciso di chiamare la polizia.
I contadini spiegano che la rivolta è nata per il magro risarcimento offerto loro in cambio dei terreni. Secondo Zhao Qing, che perderà la casa a causa del nuovo progetto edilizio, con i soldi offerti in cambio dei terreni “non si potrà vivere, e neanche costruire una casa molto più piccola di quella demolita”. Nonostante la loro strenua resistenza, i contadini hanno dovuto cedere davanti alla forza: le demolizioni, dice uno di loro, sono iniziate.
Questi scontri sono divenuti con il tempo una delle preoccupazioni più frequenti per il governo, che non riesce a frenarle. Secondo Zhou Yongkang, ministro cinese della Pubblica sicurezza, esse sono in aumento: nel 1994 erano 10 mila; nel 2004 sono state oltre 74 mila. Nel 2005 sono avvenute in Cina oltre 87 mila proteste pubbliche.
Ogni giorno Pechino registra fra le 120 e le 230 manifestazioni, in prevalenza nelle zone rurali. Amministratori locali requisiscono terreni e li vendono a compagnie e industrie che vogliono dilatare le loro produzioni o attuare progetti faraonici. Gli abitanti defraudati delle terre e mal pagati non hanno altre vie che la protesta e spesso la violenza.
Il governo teme questo fenomeno e continua a lanciare campagne contro la corruzione. L'ultima, varata il 13 novembre scorso, impone ai funzionari locali di gestire con giustizia compensi e distribuzione di alloggi in caso di requisizione di terreni.
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