Hanoi riduce le condanne per due attivisti, ma continua a reprimere il dissenso
Ho Chi Minh City (AsiaNews) - La sentenza emessa in appello dalla Corte suprema del popolo della provincia di Long An (nella regione del delta del Mekong) nei confronti di due attivisti ha scatenato polemiche e plausi in Vietnam. Alcuni analisti e attivisti per i diritti umani plaudono alla riduzione della pena decisa lo scorso 16 agosto dai giudici di secondo grado nei confronti di due studenti, mentre è prassi comune la conferma della condanna emessa in primo grado. Altri aggiungono però che un simile processo non si sarebbe mai dovuto svolgere, perché basato su accuse ingiuste e a sfondo politico. Tuttavia, ciò che emerge ancora una volta in modo evidente è l'egemonia del Partito unico comunista vietnamita; Phil Robertson di Human Rights Watch (Hrw) sottolinea che esso dispone a piacimento "di tribunali e giudici" e continua a dettare indisturbato la linea politica al governo.
Nei giorni scorsi si è svolto l'appello a carico di due giovani dissidenti: la 21enne cattolica Nguyen Phuong Uyen, incriminata con l'accusa di aver violato la "sicurezza nazionale" distribuendo volantini "critici" nei confronti del Partito comunista. I giudici hanno commutato la condanna da sei anni di carcere a tre con la sospensione della pena, decretandone la scarcerazione. Parziale clemenza anche nei confronti dell'altro imputato, il 26enne Dinh Nguyen Kha, che ha visto la pena dimezza (quattro anni di prigione, invece degli otto emessi in primo grado).
Le autorità locali avevano annunciato un processo "aperto" e trasparente. Tuttavia, alle 100 persone giunte da Ho Chi Minh City, Hanoi e altre località è stato impedito l'ingresso in aula. Almeno 400 poliziotti hanno formato un cordone di sicurezza attorno all'edificio, fermando e denunciando alcuni attivisti che hanno cercato di forzare il blocco.
Come molti altri attivisti, i due giovani studenti sono finiti alla sbarra per aver manifestato contro la politica "imperialista" di Pechino - principale alleato di Hanoi - nel mar Cinese meridionale, in particolare per il controllo delle isole Spratly e Paracel. Nel corso del dibattimento, entrambi hanno rifiutato la difesa degli avvocati d'ufficio assegnati dal tribunale; spesso, infatti, i legali sono solo delle comparse chiamate ad avallare le sentenze già emesse dal "governo" e dalla leadership comunista per reati di natura politica.
Nel corso del dibattimento Nguyen Phuong Uyen ha più volte affermato che "il partito comunista è solo un'organizzazione, non il governo stesso". I genitori della giovane, cui è stato impedito l'ingresso in aula, si dicono "felici del sostegno popolare" e "orgogliosi" della figlia. Sentimenti "agrodolci" per la madre di Nguyên Kha, felice per il rilascio della ragazza ma triste e amareggiata per la pena a quattro anni comminata in appello al figlio, che dovrà quindi restare in carcere.
Entrambi erano stati fermati dalle forze di sicurezza nell'ottobre scorso, durante una manifestazione di piazza a Ho Chi Minh City durante la quale distribuivano volantini che invitavano alla protesta contro Pechino. Una vicenda annosa per Hanoi e il partito comunista locale, che a dispetto dei proclami improntati al nazionalismo ha stretto legami commerciali e interessi politici fortissimi con la Cina. Per la liberazione di attivisti e cristiani, la comunità cattolica si è più volte riunita in preghiera; il 19 maggio si è tenuta una messa speciale nella parrocchia di Thai Ha - già al centro di controversie con il governo locale per il possesso di alcuni terreni e del monastero del Carmelo - alla quale hanno partecipato oltre mille fedeli.