Guidava per le strade di Jeddah: donna condannata a 10 frustate
Nel regno saudita solo gli uomini possono mettersi al volante. È la prima sentenza comminata da un giudice; in passato le donne venivano arrestate per alcuni giorni, poi rilasciate. Movimento per i diritti femminili annuncia ricorso. Per gli attivisti la condanna mostra il divario fra le promesse di aperture e la realtà di una società ultra-conservatrice.
Jeddah (AsiaNews/Agenzie) – Un tribunale saudita ha punito una donna di Jeddah con 10 frustate, perché ha infranto la legge che proibisce al gentil sesso di guidare l'auto. Shema Ghassaniya – questo il suo nome – è stata sorpresa nel luglio scorso al volante di un’auto. La sentenza risale al 26 settembre ed è la prima condanna alla fustigazione; nei mesi scorsi altre donne – soprattutto attiviste, impegnate in una campagna per i diritti civili – sono state imprigionate per alcuni giorni, ma nessuna di loro è stata poi incriminata dai giudici. Il processo e la condanna rivelano il divario profondo tra l’immagine che il regno mostra alla comunità internazionale – fra cui la recente apertura di re Abdullah al voto per le donne – e la realtà dei fatti, specchio di una società ultra-conservatrice.
Nei mesi scorsi gruppi di donne saudite hanno catturato l’attenzione dei media mondiali, postando in internet filmati in cui venivano riprese alla guida di una vettura. Un gesto proibito in uno Stato in cui vige una versione rigorosa dell’islam sunnita (wahabita), dove le femmine non possono condurre automezzi, lasciare la casa o il Paese, sposarsi o farsi ricoverare in un ospedale senza l’autorizzazione di una “guida” (mahram) maschile. Il movimento Women2drive, che si batte per il rilascio della patente anche alle donne, ha già annunciato il ricorso in appello contro la sentenza.
La condanna a 10 frustate per Shema Ghassaniya giunge a soli due giorni di distanza dal discorso in tv del monarca saudita, che ha annunciato il suffragio universale e la possibilità concessa alle donne, a partire dal 2015, di candidarsi alle elezioni municipali. Re Abdullah ha dichiarato inoltre che esse avranno il diritto di essere nominate membri del Consiglio consultivo della Shura, l’organismo che affianca il potere assoluto del re, e ha il diritto di proporre leggi.
Attivisti per i diritti umani e movimenti femminili sottolineano l’enorme divario fra le presunte aperture della leadership conservatrice saudita e la realtà dei fatti. Mentre alle donne viene promessa la possibilità di voto, continua di fatto la repressione di ogni tentativo di emancipazione femminile. Secondo i critici le “concessioni” del monarca sono solo un tentativo di scongiurare rivolte della popolazione, sulla scia della primavera araba che ha già investito altre nazioni del Medio oriente.
Nei mesi scorsi gruppi di donne saudite hanno catturato l’attenzione dei media mondiali, postando in internet filmati in cui venivano riprese alla guida di una vettura. Un gesto proibito in uno Stato in cui vige una versione rigorosa dell’islam sunnita (wahabita), dove le femmine non possono condurre automezzi, lasciare la casa o il Paese, sposarsi o farsi ricoverare in un ospedale senza l’autorizzazione di una “guida” (mahram) maschile. Il movimento Women2drive, che si batte per il rilascio della patente anche alle donne, ha già annunciato il ricorso in appello contro la sentenza.
La condanna a 10 frustate per Shema Ghassaniya giunge a soli due giorni di distanza dal discorso in tv del monarca saudita, che ha annunciato il suffragio universale e la possibilità concessa alle donne, a partire dal 2015, di candidarsi alle elezioni municipali. Re Abdullah ha dichiarato inoltre che esse avranno il diritto di essere nominate membri del Consiglio consultivo della Shura, l’organismo che affianca il potere assoluto del re, e ha il diritto di proporre leggi.
Attivisti per i diritti umani e movimenti femminili sottolineano l’enorme divario fra le presunte aperture della leadership conservatrice saudita e la realtà dei fatti. Mentre alle donne viene promessa la possibilità di voto, continua di fatto la repressione di ogni tentativo di emancipazione femminile. Secondo i critici le “concessioni” del monarca sono solo un tentativo di scongiurare rivolte della popolazione, sulla scia della primavera araba che ha già investito altre nazioni del Medio oriente.
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