Guangzhou, la rivolta dei giornalisti terrorizza il Partito
Pechino (AsiaNews) - Lo staff editoriale del Southern Weekend e migliaia di comuni cittadini hanno deciso questa mattina di manifestare in maniera aperta davanti alla sede della redazione del giornale per protestare contro la censura e la propaganda imposta dal Partito comunista alla stampa. Il giornale è al centro di una polemica che rischia di incendiare il Paese: dopo più di 20 anni, infatti, un gruppo di giornalisti "ufficiali" si è ribellato al regime e ha chiesto "verità e libertà di parola".
La manifestazione si è svolta a Guangzhou, capitale della ricca provincia meridionale del Guangdong e sede del giornale. Uno degli slogan più gridati recita: "Vogliamo la libertà di stampa, vogliamo diritti costituzionali, vogliamo democrazia". La polizia provinciale era presente sul luogo ma non è intervenuta se non per alcune scaramucce con i dimostranti.
Molti dei presenti agitavano crisantemi gialli per simboleggiare la morte della libertà di stampa, ma anche per mostrare l'innumerevole -come i petali del fiore - sostegno ai giornalisti (v. foto). Il fatto che la manifestazione sia stata tollerata dimostra come il governo provinciale - di cui ha da poco assunto la guida l'astro nascente del partito Hu Chunhua - non voglia reprimere con la forza le proteste contro la censura. Gli ambienti riformisti cinesi chiedono da tempo una revisione della legge sulla censura e attendono che il nuovo leader Xi Jinping dia un segnale di apertura.
La decisione di scioperare e di manifestare è stata presa dopo un lungo braccio di ferro con l'editore del Southern, considerato uno dei giornali più affidabili dell'intera Cina, e con le autorità comuniste riguardo la censura sempre più forte sui giornalisti. Per tradizione, il primo giorno dell'anno il giornale offre ai suoi lettori una serie di articoli sulle prospettive dell'anno nuovo: uno dei giornalisti, Su Yongtong, aveva preparato un editoriale che doveva essere di introduzione al numero. Il titolo era "Il sogno della Cina, il sogno del costituzionalismo", in cui si affermava che i cinesi potevano sperare di realizzare i loro sogni se si attuava la costituzione.
Ma un giorno prima della pubblicazione, il capo provinciale della propaganda Tuo Zhen (che è anche vicepresidente di Xinhua) ha obbligato il giornale a mettere al suo posto un altro editoriale, dal titolo "Perseguire i sogni", in cui si dice che il popolo cinese è più vicino nel realizzare i suoi sogni grazie al faticoso impegno del Partito.
L'amministrazione del giornale ha cercato di smontare la verità e ha scritto sull'account ufficiale del giornale che "non è stata operata alcuna censura". Ma i giornalisti, usando un nuovo microblog, hanno contrattaccato: "L'affermazione sul sito ufficiale non rappresenta l'opinione dello staff editoriale. È il risultato della pressione imposta dalle autorità alla direazione amministrativa. Lo staff editoriale combatterà contro questo falso: fino a che la questione non sarà risolta, non lavoreremo". Anche questo annuncio è stato cancellato dal "firewall" del Partito.
Subito dopo questa censura i giornalisti hanno ri-pubblicato le due lettere aperte scritte nei giorni scorsi su internet per denunciare la verità e chiedere la rimozione di Tuo Zhen: quest'ultimo (per ironia della sorte nato come giornalista d'assalto) ha prima promesso un'indagine sull'accaduto, ma poi ha scelto la strada più comoda e ha censurato account e micro-blog dei giornalisti ribelli. Le lettere - presentate come petizioni - sono firmate da autorità di primo livello nel campo accademico come Mao Yushi, Zhang Sizhi e He Weifang.
Nel testo si legge: "Dopo due giorni dalla nostra richiesta di un'indagine formale sull'accaduto, non solo non è stato chiarito niente, ma sempre più persone che chiedono la verità sono state messe a tacere. Ma l'incidente nel primo dell'anno è stato come il fusibile su un detonatore: siamo davanti a una censura ingiustificabile, all'omicidio di articoli e di intere pagine di giornale". Nel testo si spiega che "oltre mille articoli" sono stati censurati o riscritti lo scorso anno.
Un altro fattore da sottolineare è il sostegno ricevuto dagli altri media di Stato. Anche se moltissimi sono rimasti in silenzio per ordine diretto di Pechino, il China Business News ha pubblicato un editoriale che definisce la questione "un test per valutare l'abilità di governo di questa leadership". Il conflitto fra le autorità e l'opinione pubblica del Guangdong, si legge, "sottolinea una questione sempre più importante: è arrivato il momento di rivedere e riformare le nostre politiche di controllo dei media".