Guangdong, ancora scontri fra migranti e polizia
Un controllo dei documenti è divenuta una rivolta, con i lavoratori che incendiano le motociclette della polizia. Malcontento anche a Pechino, dove un gruppo di persone ha protestato davanti all'ambasciata degli Stati Uniti.
Foshan (AsiaNews/Scmp) Una disputa fra poliziotti e lavoratori cinesi nata da un controllo dei documenti di residenza è divenuta una nuova rivolta aperta: a conferma del malcontento popolare nei confronti del governo, un gruppo di migranti è arrivato ad attaccare gli agenti ed a dare fuoco ai loro veicoli.
E' successo nella notte fra il 15 ed il 16 settembre scorso a Foshan, nella provincia meridionale del Guangdong, il cuore ed il motore dell'economia cinese. Secondo le autorità, negli scontri non è rimasto ferito nessuno, ma una persona è stata arrestata.
Un quotidiano locale scrive che i migranti hanno attaccato e spinto via almeno otto garitte della polizia ed incendiato otto motociclette, una macchina ed un'autopompa. Le autorità sono state costrette ad inviare degli agenti in tenuta anti-sommossa per placare lo scontro.
Secondo il giornale, la disputa è nata da un controllo dei documenti di una coppia di migranti: per spostarsi da una parte all'altra del Paese, anche per lavorare, i migranti hanno bisogno di un documento che attesti la residenza temporanea nella nuova sede.
La situazione è rapidamente degenerata: i due, evidentemente sprovvisti del permesso, hanno chiamato in aiuto un gruppo di compagni di lavoro, che sono intervenuti attaccando la polizia. L'articolo non rivela la provenienza originaria dei lavoratori.
Per il Foshan Daily, la polizia ha definito l'accaduto "un incidente guidato da alcune persone che infrangono la legge ed incitano le masse, che non conoscono i fatti, al disordine. Vi sono altri motivi alla base dell'attacco ai nostri veicoli ed agenti. La polizia cercherà di arrestare i responsabili nel più breve tempo possibile".
La rivolta è scoppiata pochi giorni dopo le dichiarazioni del ministro per la Pubblica sicurezza, Zhou Yongkang, che ha avvertito la popolazione di un possibile aumento di scontri e crimini da imputare alla crescita incontrollabile del mercato.
Dopo aver concluso una visita nell'Hunan, Zhou ha detto che "nonostante la crescita economica stellare della nazione", gli agricoltori scontenti, i lavoratori migranti ed i disoccupati "potranno far crescere il numero delle proteste sociali".
L'avvertimento del ministro trova conferme anche in una protesta avvenuta ieri davanti all'ambasciata americana di Pechino. Un gruppo composto da circa otto persone, nella capitale per presentare delle petizioni al governo centrale, si è radunato fuori dell'ufficio informazioni dell'edificio ed ha urlato slogano come "Vogliamo dei diritti" e "Vogliamo sopravvivere".
L'esiguo numero del gruppo si spiega con il fatto che il governo punisce duramente ogni protesta che venga inscenata davanti ad organismi internazionali.
Un testimone dice che la protesta è nata dal fatto che un gruppo composto da "vandali ignoti" ha picchiato a morte un anziano che proveniva dalla provincia dell'Heilongjiang, anche lui a Pechino per protestare contro il suo governo locale tramite una petizione.
Il testimone, che si definisce "un amico di chi porta le petizioni a Pechino", dice: "Hanno voluto mandare un segnale alla comunità internazionale. Hanno voluto far vedere il corrotto sistema legale cinese".