Gruppi internazionali e cattolici indonesiani contro la pena di morte per i tre di Poso
Lo scorso fine settimana la polizia ha annunciato l'imminente esecuzione di Tibo e dei suoi compagni. Oltre alle campagne internazionali a loro favore inizia a muoversi anche la comunità cattolica del Paese musulmano più popoloso al mondo.
Jakarta (AsiaNews) La polizia di Palu, Sulawesi Centrali, ha annunciato, nel fine settimana scorso, l'"imminente" esecuzione dei tre cattolici indonesiani condannati a morte per gli scontri interreligiosi a Poso. I tre, che hanno sostenuto di conoscere i veri responsabili di quegli incidenti, ma non sono stati ascoltati, potrebbero essere giustiziati entro la fine di marzo nonostante le mobilitazione internazionale a loro favore. E una campagna per salvarli e avere giustizia inizia a muoversi anche tra i cattolici indonesiani.
Fabianus Tibo, Dominggus da Silva e Marinus Riwu, sono stati condannati nel 2002 per aver fomentato le violenze tra cristiani e musulmani esplose nelle Sulawesi tra il 2000 e il 2001. Lo scorso novembre il presidente indonesiano Susilo Bambang Yudhoyono aveva respinto la loro richiesta di grazia; subito dopo l'Ufficio del procuratore generale ha annunciato che i tre sarebbero stati giustiziati "presto". Da allora esponenti della Chiesa locale e attivisti per i diritti umani chiedono l'annullamento di una sentenza ritenuta "iniqua" anche a causa delle pressioni esercitate sulla corte dai fondamentalisti islamici.
Lentamente, ma con decisione, i cattolici indonesiani stanno rispondendo agli appelli di gruppi per i diritti umani, che difendono Tibo e i suoi compagni. Ad incoraggiarli, l'iniziativa del vescovo di Manado, mons. Jospeh Suwatan, che lo scorso dicembre ha inviato una lettera alle massime autorità del Paese, tra cui Susilo. Con la missiva il presule insieme ad altri due esponenti religiosi delle Sulawesi, un musulmano e un protestante, chiedono che il caso dei tre sia posto "all'interno della più ampia e complessa vicenda dei conflitti di Poso", nei quali Tibo e gli altri sono stati "usati come capri espiatori" da "provocatori" non ancora identificati. Per questo la sentenza capitale farebbe "perdere solo tre testimoni chiave" per chiarire il reale svolgimento dei fatti.
La mobilitazione nazionale parte da un gruppo di avvocati di diverse religioni costituitisi in un gruppo chiamato Centre of Advocacy Service for Justice and Peace in Indonesia, meglio conosciuto come Padma. Il gruppo ha già fatto alla polizia i nomi di 30 persone disposte a testimoniare a favore dei tre cattolici. S Roy Rering, il coordinatore del gruppo, racconta che altri avvocati hanno chiesto ufficialmente la revisione del caso. "Insieme spiega Rering abbiamo inviato una lettera alla Corte Suprema attraverso il tribunale di Palu". "È una possibilità prevista dalla legge visto che ci sono nuovi testimoni".
Sostegno è arrivato anche dal Charity for Humanity Group (Kbkk), presieduto da Irene Setiadi. La donna è medico nelle parrocchia di St. Jcob Kelapa Gading a Jakarta est; come attivista per i diritti umani è stata impegnata in missioni di aiuto a fianco di gesuiti indonesiani. Di recente Irene ha chiesto a migliaia di alunne della scuola superiore Sant'Ursula, a Jakarta, di sostenere moralmente i tre condannati a morte con lettere e messaggi e di fare un'offerta economica per sostenere la battaglia legale del Padma. Lo scorso 13 gennaio Tibo ha chiesto ufficialmente aiuto al Padma.
Il caso comincia inoltre ad essere discusso in vari forum e mailing list cattolici.
L'Indonesia è il più grande Paese musulmano al mondo: oltre l'88% della popolazione (240 milioni di abitanti) è musulmana.