Grande attesa per la visita di Hu in Sudan, ma poche illusioni
Pechino (AsiaNews/Agenzie) – Oggi Hu è arrivato in Liberia. Si ferma poche ore prima di andare domani in Sudan, dove tutti aspettano novità positive per fermare il genocidio nel Darfur. Per la prima volta anche Pechino non dà speciale enfasi ai vantaggiosi accordi economici che intanto conclude, ma insiste sull’importanza della pace in Africa.
In Liberia sono previsti accordi per aprire la via agli investimenti delle ditte cinesi. La Liberia vuole istituire una zona economica speciale vicino al porto di Buchanan, dove spera di attirare centinaia di industrie estere per creare lavoro. La Cina ha anche rinunciato a crediti verso la Liberia per 15 milioni di dollari. Il debito estero complessivo del Paese è di 3,5 miliardi.
In Camerun (dove la Cina ha offerto prestiti e finanziamenti a tasso agevolato e discusso la realizzazione di case economiche e di un programma per l’acqua potabile, in cambio di materie prime come petrolio, ferro, bauxite), Hu ha ripetuto che “la Cina e l’Africa non hanno mai cercato di imporre i loro modelli di sviluppo sociale ed economico ad altri Paesi”. Il presidente Paul Biya ha insistito che le imprese e gli investimenti cinesi sono benvenuti.
In Sudan la Cina ha posto un sistematico veto a sanzioni mirate a costringere il governo ad accettare la forza di pace delle Nazioni Unite ed è stato impossibile fermare il sempre più grave genocidio nel Darfur (200mila civili morti, 2,5 milioni di sfollati dal febbraio 2003). Ora si spera che la Cina ottenga l’ingresso di una forza di pace internazionale, ma non ci sono illusioni che la pressioni di Pechino giungano a compromettere i suoi estesi interessi economici nella Nazione.
Pechino acquista il 60% del petrolio del Sudan (pari all’8% delle importazioni di petrolio in Cina) ed è impegnato in progetti miliardari come il complesso idroelettrico di Merowe (1,8 miliardi di dollari). La collaborazione tra i due Stati è esplosa negli anni ’90, quando le ditte occidentali fermarono i loro investimenti in Sudan per le accuse di sostenere il terrorismo e la tratta di schiavi. La Cina, invece, predica una “non ingerenza negli affari interni delle altre Nazioni”, come ha ricordato con compiacimento il presidente sudanese Omar al-Bashir in una conferenza stampa del 28 novembre. Il suo governo è anche accusato di sostenere le operazioni militari contro i civili nel Darfur e di condurre raid aerei contro i villaggi.
Grazie agli investimenti delle ditte cinesi come la China National Petroleum Corp, il Sudan ha aumentato la produzione di greggio. Ad aprile è stato aperto un oleodotto di 1.400 km. per portare 200mila barili di greggio al giorno dai giacimenti di Melut Basin a Port Sudan sul Mar Rosso.
Secondo esperti, la Cina è il maggior fornitore di armi per il Sudan e il secondo per l’intera Africa, dopo la Russia. Pechino è attiva nel cercare collegamenti e intese militari con gli altri Stati. Anche se ha contribuito con circa 1.000 soldati alle missioni di pace Onu nel mondo, ha inviato più di 1.600 delegazioni militari in oltre 90 Stati tra cui 18 africani. Ha rappresentanze diplomatiche in 146 Paesi e centri diplomatici-militari in 103. In Sudan ha già mandato 450 dei 10mila soldati Onu che nel gennaio 2005 sono venuti a controllare l’accordo di pace che ha posto fine a 21 anni di guerra civile. Insieme ai suoi soldati sono venuti anche tecnici ed esperti per la “ricostruzione” del Paese. (PB)