Google minaccia Pechino: “Ci spiate, ce ne andiamo”
Il colosso informatico dichiara di aver rilevato “un attacco altamente sofisticato sulle nostre infrastrutture proveniente dalla Cina”, mirato alla posta dei dissidenti. Per alcuni può essere una mossa pubblicitaria. Wei Jingsheng: La Cina è insaziabile. Non si può andare a compromessi.
Pechino (AsiaNews/Agenzie) – Dopo le accuse di collaborazionismo con la rigida censura del governo cinese, durate per anni, la compagnia americana Google minaccia di chiudere le attività del suo motore di ricerca in Cina. Il colosso informatico ha annunciato di aver scoperto che sono stati violati gli account e-mail di alcuni attivisti per i diritti umani. La compagnia ha aggiunto di aver rilevato “un attacco altamente sofisticato sulle nostre infrastrutture proveniente dalla Cina”. Attivisti per i diritti umani si rallegrano della possibile decisione, sperando che avvenga un sussulto morale anche in altre compagnie.
Indagini ordinate dai dirigenti di Google hanno rivelato che “l’obiettivo principale degli ‘infiltrati’ era quello di accedere alle caselle di posta degli attivisti cinesi per i diritti umani”. Google non ha puntato il dito direttamente contro il governo cinese, ma la compagnia ha aggiunto che, se la situazione dovesse peggiorare, “potrebbe vedersi costretta a chiudere gli uffici e le attività nel Paese asiatico”.
Il gigante di Mountain View è da tempo nell’occhio del ciclone per la disinvoltura con cui ha accettato le repressive leggi censorie imposte da Pechino alla Rete. La difesa ufficiale del gruppo è che “sono obbligati a rispettare le leggi in vigore nei Paesi dove operano”, ma rimane il sospetto che sia andato oltre, fornendo alle autorità i dati dei dissidenti che ne usano i prodotti.
La nuova posizione potrebbe essere uno specchietto per le allodole, dato il fatto che i server di controllo di Internet sono comunque presenti sul territorio cinese, e quindi sotto la giurisdizione di Pechino. In ogni caso, l’attacco ha scatenato l’interesse dell’Occidente: gli Stati Uniti hanno affermato che la Cina - come ogni altra nazione - deve contribuire a mantenere sicura la rete informatica. “Ogni nazione - ha dichiarato il portavoce del Dipartimento di Stato Usa P. J. Crowley - ha un obbligo, indipendentemente dall'origine delle attività di malware, di mantenere sicura la sua porzione della Rete”.
Il mondo della dissidenza e dell’attivismo democratico è contento delle minacce di Google verso la Cina. Wei Jingsheng, il padre della democrazia, che ha speso 13 anni nelle prigioni cinesi ed è ora esule negli Usa, ha dichiarato: “Finalmente un grosso commercio fa emergere un po’ di coscienza… Alcune compagnie occidentali hanno pensato che facendo compromessi con il regime comunista cinese, avrebbero potuto commerciare in pace. Ma questo è impossibile perché il governo cinese è insaziabile”.
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