Google, "autocensura per rispettare le leggi cinesi"
Si giustifica un responsabile del motore di ricerca: meglio poche informazioni che niente. In Cina sono in aumento i casi di censura. "Il popolo di Taiwan si aspettava un governo più aperto", denuncia un critico da Taiwan. "Come potete discutere di riunificazione se vi comportate in questo modo?"
Pechino (AsiaNews/Agenzie) - Rispettare le leggi cinesi e seguire il principio per il quale dare poche informazioni è comunque meglio che non darne affatto. Si giustifica così un responsabile di Google, il popolare motore di ricerca, per spiegare perché si è piegato alla politica di Pechino per la gestione del web, così come hanno fatto in precedenza importanti ditte occidentali come Microsoft e Yahoo. "Per poter operare in Cina abbiamo rimosso alcuni risultati dalle ricerche" ha dichiarato la compagnia alla presentazione del nuovo sito Google.cn. "Questo per rispettare norme, leggi e regolamenti presenti nel Paese. Rimuovere alcuni dei risultati contraddice il nostro incarico, ma non fornire nessuna informazione lo contraddice ancora di più".
Google.cn oscurerà i link segnalati dal governo centrale. Per esempio ricerche che utilizzano parole chiave come "Falun Gong", "indipendenza di Taiwan" o "diritti umani" saranno limitate a siti che sostengono la politica del governo. Inoltre servizi e-mail e blog non saranno offerti fino a quando i meccanismi della censura governativa non saranno completamente chiariti.
"È un giorno triste per l'immagine della Cina nel panorama internazionale", ha dichiarato Zhan Jiang, giornalista decano alla facoltà di Scienze politiche alla "China youth university". Zhan ha aggiunto che per le aziende l'interesse economico sembra essere più importante di tutto, anche del rispetto dei diritti umani. "È un giorno nero per la libertà di espressione in Cina", ha denunciato invece da Parigi l'associazione "Reporter senza frontiere".
Il caso Google è solo l'ultimo dei casi di censura che hanno interessato la Cina. A causa dei suoi articoli Chen Yizhong, che era redattore capo del Southern Metropolis Daily, è stato tenuto in custodia cautelare per 5 mesi con le accuse di corruzione. Chen è stato rilasciato, ma due dei suoi collaboratori, Yu Huafeng e Li Minyng, sono stati condannati ed imprigionati. Oggi a giornalisti cinesi è stato vietato di assistere ad un seminario organizzato dall'ambasciata britannica contro il controllo dei media. Martedì il "Bingdian Weekly", un popolare settimanale allegato al quotidiano governativo "China youth daily", di cui è stato direttore dal 1982 al 1987 Hu Jintao, è stato sospeso. "Questa è la cosa peggiore che sia successa negli ultimi anni, e non so quale sarà la prossima cattiva notizia", ha dichiarato un giornalista d'inchiesta cinese riferendosi al caso Bingdian. Li Datong, direttore del settimanale, è ancora in carica ma gli è stato diminuito lo stipendio e non avrà il bonus di vacanze in occasione del capodanno cinese.
Anche Taiwan esprime disapprovazione circa il caso Bingdian. Lung Ying-tai, una nota e rispettata critica d'arte, ha scritto martedì una lettera aperta al presidente Hu Jintao nella quale condanna la condotta del governo. "Allontana il desiderio di riunificazione", scrive. "Il popolo di Taiwan si aspettava una nuova epoca, un governo più aperto di quelli precedenti", continua. "Sono molti a Taiwan che ancora amano la Cina, ma come potete discutere di riunificazione se vi comportate in questo modo?".
08/02/2021 12:09