03/12/2003, 00.00
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Gli strumenti della fede: inglese, computer, cultura

Intervista a p. G.Battista Yang Xiaoting

Xian (AsiaNews/Ucan) - Padre Giovanni Battista Yang Xiaoting, della diocesi di Zhouzhi, nella provincia dello Shaanxi, è il primo sa­­cer­dote cinese a conseguire un dottorato, almeno tra i preti ordinati da quando la Chie­sa cinese ha ini­zia­to a ri­pren­dersi dagli inizi degli anni Ottanta. Ha 39 anni ed è stato ordinato nel 1991. Ha iniziato i suoi studi in Italia nel 1993 ed ha raggiunto il dottorato in Teo­lo­gia dogmatica nel febbraio del 1999 presso la Pon­ti­ficia Università Ur­baniana di Roma. Ha poi conseguito un master in stu­di socio-religiosi negli Stati U­ni­ti. Padre Yang è ritornato in Cina nel giugno 2002, dopo quasi dieci anni di stu­di all'estero, ed ha iniziato ad insegnare presso il se­mi­nario di Xian, capitale dello Shaanxi, situata a 920 chilometri a Sud-ovest di Pechino. Attualmente si occupa della formazione del clero e di studi sulla sociologia della religione. Ecco l'intervista.

Cosa è emerso dalla sua esperienza di studio in Italia?

Mentre studiavo in Europa mi sentivo sotto pressione. Spesso gli studenti stranieri, che sostenevano di essere e­sperti della Chiesa cinese, applicavano la loro pro­spet­ti­va occidentale per esprimere il loro punto di vi­sta sulla storia, i fenomeni e la cultura della Chiesa in Ci­na. A fa­tica si trova qualcuno della Chiesa cinese che studia la Chie­sa da un punto di vista sociologico, portando dati e non solo teorie sui problemi attuali. La nostra Chiesa in Cina è troppo chiusa e concentrata su se stessa. Dovrem­mo sapere come gli altri ci considerano. La Chiesa do­vreb­be dialogare con la società.

Cosa ha fatto dopo il suo ritorno in Cina nel giugno 2002?

Dopo il mio ritorno ho studiato la spiritualità dei cattolici in Cina. Nel settembre 2002 ho aperto un centro a Xian per la formazione di preti, suore e seminaristi e per motivi di ricerca. Il primo passo è stato organizzare corsi di inglese e sull'uso del computer, poi parlare di fede e religione. Alcune lezioni erano tenute sulla scienza e sulla religione per gli studenti cattolici dell'università. Credo che queste attività possano aiutare la Chiesa ad integrarsi con la società e favorire l'amore dei cattoli­ci verso le loro diocesi e la Chiesa in generale.

Come vede lo sviluppo della Chiesa cattolica in Cina?

Il sistema organizzativo della Chiesa si sta muovendo len­tamente. Dovremmo dare importanza al significato del­la Chiesa come comunità. L'organizzazione della Chie­sa non dovrebbe essere solo responsabilità dei ve­scovi. Negli anni scorsi è cresciuta la consapevolezza che i laici devono prender parte alla missione di evange­lizzazione. Ora, ci sono più catechisti laici e più programmi di formazione per laici. Sono sorte molte picco­le comunità di fede, così i laici possono partecipare più attivamente alla vita parrocchiale.

Come valuta il crescente numero di preti e vescovi di età inferiore ai 40 anni?

Io credo sia un vantaggio per lo sviluppo della Chiesa. Il vi­gore e le vedute dei vescovi e preti anziani, in questo mo­mento, non sono buone come quelle dei giovani. I­nol­tre, i giovani preti sono generalmente migliori nel man­tenere buoni rapporti con i governo e con gente e­stra­nea alla Chiesa o alla Cina. Molti cosiddetti giovani pre­ti sono di fatto non poi così giovani e molti sono so­pra i 40 anni. Hanno già fatto alcune esperienze. Credo che in un periodo dai tre ai cinque anni ci sarà un progresso strutturale.

È cambiato il ruolo delle suore nella Chiesa in Cina?

Sì, al giorno d'oggi si dà più importanza alla formazione delle suore. Hanno più risorse. Il loro ruolo è notevolmente cambiato. Cinque anni fa, molte di loro avevano sol­tanto la responsabilità di pulire i locali della chiesa e svolgere lavori domestici. Ora le suore dell'Hebei hanno istituito la loro Associazione delle Superiore femminili.

Quali prospettive vede per una collaborazione con altri studiosi della Chiesa in Cina?

Penso che manchino ancora le fondamenta per collaborare. Io ho cercato di promuovere scambi accademici e culturali tra la Chiesa e gli studiosi attraverso il centro che ho aperto, e ho collaborato con il Centro culturale di stu­di Shin (Fede) della Chiesa dell'Hebei. Una maggior collaborazione con altri istituti religiosi del Paese si­curamente ci incoraggerà, ma non abbiamo ancora la li­bertà necessaria per realizzarla.

 

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