Gli iracheni si interrogano sulla sincerità di Bush
Baghdad (AsiaNews) E' un fatto che ci siano stati torture, sevizie e maltrattamenti dei prigionieri iracheni, che hanno provocato reazioni giustificatamente dure tra la popolazione, ma l'indignazione mostrata dal presidente americano Bush e le scuse ai familiari hanno voluto rappresentare l'altra faccia dell'America. Come ha detto il cardinale Tauran, "le immagini hanno un impatto tremendo sulla popolazione non solo araba, ma mondiale. Quando si calpesta cosi' la dignita' umana, si crea una barriera", ma "la reazione del presidente Bush e' stata molto chiara. Normalmente l'esercito americano non si comporta cosi'" e ora bisogna "guardare al futuro".
Le reazioni del presidente Bush, molto attese dagli iracheni e dagli arabi sono avvenute in tre fasi: un'intervista esclusiva all'emittente Al-Arabiya, andata in onda il 5 maggio, nella quale "non ha pronunciato la parola scusa", ha notato Ghazi Al-Araidi, ministro della cultura libanese, paese filo-americano. Il presidente Bush si è rivolto all'opinione pubblica irachena anche dall'emittente televisiva in lingua araba della coalizione "Al Hurra". Anche questa con esito negativo: "Pensano che l'opinione pubblica araba sia ingenua" ha commentato Ali Hamade, analista politico arabo. La terza e più credibile affermazione del presidente Usa è quella di ieri, nel corso di una conferenza stampa con il re Hascemità giordano durante la quale sono finalmente emerse parole che potrebbero essere interpretate come scuse. Sono mutate anche le reazioni: Il leader curdo iracheno Sivan Barzani, contattato da AsiaNews ha giudicato le scuse di Bush "un passo molto importante e coraggioso". Le torture e sevizie nel famigerato carcere di Abu-Ghraib, a suo giudizio, "sono dei casi isolati". "E inammissibile ha aggiunto - ma bisogna tener presente che nel carcere lavorano persone che non fanno parte dell'esercito, sono civili assunti con contratti temporanei". E va tenuto presente che l'esercito Usa si trova poi sotto pressione "50 gradi all'ombra, continuamente in allerta, lontani da casa, in mezzo ad una cultura diversa e sono giovani".
Raimond Adel Sami un cattolico iracheno crede al presidente Bush "queste violazioni non rappresentano il popolo Usa" ha detto, e "nessun popolo può credere di non avere elementi privi di coscienza, non bisogna perciò giudicare un intero popolo, in base ad azioni compiuti da alcuni singoli criminali". E, infine, "dove era finita la stampa araba quando queste violazioni venivano commesse dall'ex-regime iracheno?". Di parere totalmente opposto un iracheno sunnita Al-Shammari "tutto l'Iraq è prigioniero in mano agli americani. Non bastano le scuse indirette. Sono sicuro che non verranno adottate alcune misure preventive né punitive", per quanto riguarda le dichiarazioni di Bush ha aggiunto " sono semplici giustificazioni è stata lesa la nostra dignità di popolo e non abbiamo sentito alcun pentimento serio".
08/09/2004