Gli attivisti indonesiani non si arrendono alla condanna a morte dei tre cattolici
Ieri diversi gruppi per i diritti umani hanno firmato un comunicato, in cui chiedono l'annullamento della sentenza contro Tibo e i suoi compagni e l'abrogazione della pena capitale nel Paese. Attesa per la risposta del presidente Susilo alla seconda richiesta di grazia.
Jakarta (AsiaNews) - Gli attivisti per i diritti umani in Indonesia non si arrendono alla condanna a morte dei tre cattolici indonesiani, l'esecuzione dei quali è ormai ritenuta imminente. Dopo il rifiuto della Corte suprema a rivedere il caso, sulla base di nuove testimonianze che scagionerebbero Fabianus Tibo, Dominggus da Silva e Marinus Riwu, una serie di associazioni per i diritti umani ha diffuso ieri sera un comunicato, che chiede con forza l'annullamento della sentenza capitale.
La protesta arriva tra gli altri dalla Commission for Disappearances and Victims of Violence (Kontras), dalla Association of Legal Aid in Indonesia (Pbhi) e dalla Jakarta Legal Aid Agency (Lbh). "La pena di morte - si legge nel comunicato - è contro l'umanità e deve essere abrogata; chiediamo fermamente che la pena capitale per Tibo e i suoi compagni venga cancellata".
Durante una conferenza stampa svoltasi ieri nella sede della Lbh a Jakarta, diversi attivisti per i diritti umani hanno espresso profonda preoccupazione per la "rigidità" mostrata rispetto al caso dal Procuratore generale e dalla Corte suprema. "Entrambi - denunciano i partecipanti all'incontro - rimangono saldamente attaccati ai testi di legge, senza tenere conto dell'aspetto fondamentale di questa: il rispetto di umanità e diritti umani".
Secondo Papang Hidayat, della Kontras, la pena di morte è contro i diritti umani, che garantiscono il diritto alla vita di ogni cittadino. Dello stesso parere anche Johnson Panjaitan, della Pbhi, e Taufik Basari, della Lbh. "Il nostro sistema legale, che autorizza i procuratori a eseguire una sentenza capitale - denuncia Papang - risale al vecchio codice penale olandese. Lo spirito del colonialismo non ha più ragione di esistere".
Nel loro appello contro la pena di morte questi attivisti ricordano anche Samudra, Muklas e Amrozi già da un anno condannati alla pena capitale per le bombe di Bali del 2002. "Gli attacchi terroristi - sottolinea Papang - sono ancora una serie minaccia per il nostro Paese, anche se gli attentatori sono dietro le sbarre e aspettano di essere giustiziati. La morte non diminuirà automaticamente il male e il pericolo". "La pena di morte - conclude - chiuderà a ogni condannato la possibilità di pentirsi".
L'ultima speranza per la sorte dei tre cattolici, condannati per un massacro di musulmani avvenuto nel 2000 durante gli scontri interreligiosi a Poso, Sulawesi centrali, è rappresentata dal presidente Susilo Bambang Yudhoyono. Il capo di Stato non ha ancora risposto alla seconda richiesta di grazia avanzata dalle famiglie e dai legali di Tibo e compagni qualche settimana fa.