Gli Usa indietreggiano di fronte a Netanyahu su Gerusalemme Est e insediamenti
Gerusalemme (AsiaNews) – Secondo diplomatici israeliani e occidentali, gli Stati Uniti sono divenuti meno esigenti nei confronti di Israele, chiudendo un occhio sugli insediamenti di coloni ebrei a Gerusalemme est. Intanto il primo ministro dell’Autorità palestinese ha dichiarato che essi si doteranno di tutte le istituzioni perché nasca uno Stato entro due anni.
In uno sforzo per coalizzare la comunità internazionale contro l’Iran, il premier israeliano Benjamin Netanyahu sta svolgendo una visita di 4 giorni a Londra e Berlino. Gran Bretagna, Germania e soprattutto Stati Uniti hanno già espresso il parere che un aumento delle sanzioni contro l’Iran (o forse un via libera a un attacco israeliano a stazioni nucleari in Iran) può avvenire solo se Tel Aviv accetta di fare qualche passo verso il mondo arabo e palestinese, congelando tutti gli insediamenti nei Territori occupati e a Gerusalemme est.
Secondo le leggi internazionali, tutti gli insediamenti di coloni israeliani in terra occupata sono illegali. Barack Obama, Hillary Clinton e l’inviato per il Medio oriente George Mitchell hanno sempre voluto il congelamento totale degli insediamenti per far riprendere il processo di pace con i palestinesi, che lo esigono come precondizione alla ripresa dei dialoghi.
Nei dialoghi avuti con Mitchell a Londra, Netanyahu ha proposto un congelamento temporaneo - circa 9 mesi - per le costruzioni nella West Bank, ma ha ottenuto di non parlare di un fermo per le costruzioni a Gerusalemme est. Nella zona araba della città, mediante espropri, leggi ad hoc e acquisti, aumenta la popolazione israeliana ebraica, rendendo sempre più difficile un possibile uso della zona orientale della città come capitale di un futuro Stato palestinese.
Dopo un incontro con Gordon Brown a Londra, Netanyahu ha voluto precisare che “Gerusalemme è la capitale sovrana di Israele e non accettiamo alcuna limitazione alla nostra sovranità. Per mettere tutto in chiaro, Gerusalemme non è un insediamento”.
La proposta israeliana a Mitchell esige eccezioni anche per insediamenti di coloni nei Territori occupati. Per 2500 blocchi di case già iniziate non ci deve essere congelamento. Allo stesso tempo, Netanyahu vuole che la crescita “fisiologica” degli insediamenti che esistono già, sia continuata.
Attualmente circa 500 mila israeliani vivono in Cisgiordania e a Gerusalemme est, conquistati da Israele dopo la guerra dei Sei giorni, nel 1967.
Secondo l’organizzazione israeliana Peace Now (Pace adesso) vi sono almeno 121 colonie riconosciute da Israele nei Territori occupati; in più, esistono 102 “avamposti” non riconosciuti da Tel Aviv, ma che aspettano prima o poi il riconoscimento. Dal 2001, la popolazione in queste colonie è cresciuta del 5-6% all’anno.
Secondo analisti israeliani e palestinesi, la moltiplicazione delle colonie nei Territori occupati tende a rendere sempre più improbabile la tracciatura di confini netti fra Israele e un futuro Stato palestinese.
Forse pressati dal veloce incremento degli insediamenti, due giorni fa, il 25 agosto, il premier palestinese Salam Fayyad ha dichiarato che egli intende creare tutte le istituzioni statali così che uno Stato palestinese possa vedere la luce entro due anni, “nonostante l’occupazione israeliana”.