Giunta birmana: dissidenti all’estero, i colpevoli delle proteste popolari
Yangon (AsiaNews) – Dopo oltre 2 settimane di proteste popolari contro il caro benzina, la giunta militare birmana interviene per puntare il dito contro i dissidenti in esilio. Sarebbero loro – per i generali che guidano l’ex Birmania – a fomentare le dimostrazioni che stanno percorrendo il Paese dal 19 agosto. E nonostante condanne e richiami della comunità internazionale per il rispetto dei diritti umani, le autorità minacciano una dura risposta.
“Il governo - scrivono oggi i quotidiani ufficiali - possiede informazioni secondo le quali, gruppi anti-governativi dall’estero stanno fornendo direttive e ogni sorta di assistenza ai gruppi anti-governativi interni per alimentare le dimostrazioni e l’instabilità”. “La popolazione – continuano – non lo accetterà”.
Nessun riferimento esplicito alle critiche espresse dal presidente Usa, George W. Bush, e dalla Commissione europea verso la repressione dei recenti moti di piazza, i più vasti degli ultimi 20 anni. Nel 1988, proteste animate da gruppi studenteschi pro-democrazia, furono soffocate nel sangue con oltre 3mila morti.
Le dichiarazioni del governo arrivano in un momento di alta tensione in Myanmar: ai moti popolari si sono uniti da qualche giorno anche i monaci buddisti. Ieri sono stati rilasciati i circa 20 soldati presi in ostaggio nella stessa mattina dai religiosi del monastero Aletaik, a Pakokku. I militari si erano recati al tempio per scusarsi della violenza con cui avevano disperso la manifestazione del giorno prima nella cittadina a nordovest di Yangon, quando alcuni monaci li hanno chiusi dentro per circa 6 ore e dato alle fiamme le loro automobili.
In Myanmar, nazione a maggioranza buddista, i monaci sono considerati i portatori della tradizione culturale e religiosa. Già in passato hanno partecipato a battaglie per i diritti civili e aderito ai movimenti del 1988. La giunta è preoccupata che il malcontento possa estendersi ad altri centri buddisti, soprattutto Mandalay, il cuore religioso del Paese e sede di 300mila monaci.