Giro di vite della giunta birmana contro gli scioperi nel tessile
Il regime dispiega polizia e agenti anti-sommossa per bloccare le proteste. Gli operai chiedono maggiori diritti sul lavoro e l’aumento del salario minimo. A due anni dal ciclone Nargis vi sono ancora 500 mila sfollati: non hanno denaro sufficiente per ricostruire le abitazioni.
Yangon (AsiaNews/Agenzie) – Un’ondata di scioperi nelle fabbriche di tessile in Myanmar ha costretto la giunta militare ad aumentare il livello di sicurezza nelle zone interessate, dispiegando polizia e agenti antisommossa. Ieri l’ultimo episodio con i lavoratori del tessile a Yangon che hanno organizzato un sit-in di protesta chiedendo più diritti sul lavoro e un aumento del salario minimo. La scintilla che ha fatto esplodere la rabbia degli operai è stata la decisione delle autorità di innalzare lo stipendio mensile degli impiegati pubblici di 20mila kyat (20 dollari).
Tutto è iniziato il giorno precedente, martedì 16 febbraio, con lo sciopero di circa 100 operai della fabbrica Sky - nella zona di Insein, Yangon ovest - che chiedevano, tra l’altro, una maggiore retribuzione degli straordinari e il diritto al giorno di riposo in occasione delle festività nazionali. “Il problema in quella fabbrica non è ancora risolto”, racconta un funzionario della Federazione sindacale del Myanmar aggiungendo che governo, datori di lavoro e operai stanno negoziando per sbloccare l’empasse.
Lo sciopero di Yangon rientra in una più vasta ondata di protesta che percorre il Paese dalla scorsa settimana, quando migliaia di operai della zona industriale di Hlaing Tharyar, a pochi chilometri da Yangon, hanno incrociato le braccia. La giunta ha inviato sul luogo la polizia anti-sommossa. I lavoratori chiedevano un aumento del salario mensile di 10mila kyat (10 dollari). La ditta ha ottenuto la fine della protesta, acconsentendo al pagamento di metà della somma richiesta. Gli operai, inoltre, domandano un aumento di 100 kyat (0,10 dollari) l’ora per gli straordinari. Al momento, riferiscono testimoni oculari, la fabbrica è ancora presidiata da agenti di polizia e vigili del fuoco.
La povertà nel Paese continua a colpire la popolazione e il grido più disperato arriva dalle vittime del ciclone Nargis che a due anni dal passaggio del devastante ciclone sono ancora senza casa. Secondo l’Organizzazione internazionale per la migrazione (Iom) sono 500 mila i birmani ancora sfollati, perché non hanno la possibilità economica di comprare materiali per ricostruire le loro abitazioni. Tutti i loro averi, infatti, sono investiti nella stretta sussistenza. Nel maggio 2008 Nargis ha ucciso quasi 140mila persone e lasciato circa 2,4 milioni di birmani senza casa.
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