Giovani coreani: “La fede è un impegno serio, e migliora la vita”
Per la prima volta nella sua storia, la Conferenza episcopale lancia un sondaggio mirato a tutti i giovani delle 15 diocesi del Paese. I risultati sono sorprendenti: i ragazzi “capiscono bene gli insegnamenti cattolici” e la fede “li aiuta a migliorare la comprensione del mondo e dei loro problemi”.
Seoul (AsiaNews) - I giovani cattolici coreani “capiscono bene gli insegnamenti della fede” e praticare la religione “li aiuta a migliorare la comprensione del mondo e dei loro problemi”. Tuttavia “è necessaria una migliore pastorale delle famiglie con ragazzi giovani”, perché “sono le famiglie a creare l’ambiente giusto per la crescita della fede cattolica”. E’ quanto emerge da un sondaggio condotto dalla Conferenza episcopale coreana fra i giovani delle 15 diocesi del Paese.
I risultati sono stati presentati da mons. Pietro Lee Ki-heon, presidente della Commissione episcopale per la pastorale giovanile. La Commissione ha preparato e inviato 91mila moduli in tutte le parrocchie: il questionario è stato studiato dal dr. Moon Yong-lin, professore del Dipartimento educazione dell’Università nazionale di Seoul; Cho Han-su, membro della Commissione, e dal dottor Won Hyun-ju, anche lui dell’Università della capitale.
Il sondaggio è una “prima assoluta” per la Chiesa coreana. Secondo mons. Lee “ora abbiamo un metodo e una base per capire cosa dobbiamo fare e come possiamo migliorare il nostro lavoro nella società”. Le domande erano divise in quattro categorie: vita personale, vita familiare, vita scolastica e vita sociale. I giovani cattolici - che vivono in uno dei Paesi più secolarizzati al mondo, spronati a una competizione terribile sin da bambini - dicono che la fede “aiuta a comprendere e a superare i problemi quotidiani”.
Alcuni, però, sottolineano che “essere un buon cattolico è difficile e impegnativo”; per altri “la fede interferisce con gli obblighi scolastici”. A questi risponde la maggioranza dei giovani, secondo cui “sicuramente essere cattolici è un impegno, ma questo fa parte dei doveri naturali dei credenti”. Tutti, però, sostengono che il catechismo domenicale è noioso: “Questo - conclude mons. Lee - ci spinge a creare un programma più animato e coinvolgente. Senza però dimenticare qual è lo spirito del catechismo e a cosa esso serve”.
I risultati sono stati presentati da mons. Pietro Lee Ki-heon, presidente della Commissione episcopale per la pastorale giovanile. La Commissione ha preparato e inviato 91mila moduli in tutte le parrocchie: il questionario è stato studiato dal dr. Moon Yong-lin, professore del Dipartimento educazione dell’Università nazionale di Seoul; Cho Han-su, membro della Commissione, e dal dottor Won Hyun-ju, anche lui dell’Università della capitale.
Il sondaggio è una “prima assoluta” per la Chiesa coreana. Secondo mons. Lee “ora abbiamo un metodo e una base per capire cosa dobbiamo fare e come possiamo migliorare il nostro lavoro nella società”. Le domande erano divise in quattro categorie: vita personale, vita familiare, vita scolastica e vita sociale. I giovani cattolici - che vivono in uno dei Paesi più secolarizzati al mondo, spronati a una competizione terribile sin da bambini - dicono che la fede “aiuta a comprendere e a superare i problemi quotidiani”.
Alcuni, però, sottolineano che “essere un buon cattolico è difficile e impegnativo”; per altri “la fede interferisce con gli obblighi scolastici”. A questi risponde la maggioranza dei giovani, secondo cui “sicuramente essere cattolici è un impegno, ma questo fa parte dei doveri naturali dei credenti”. Tutti, però, sostengono che il catechismo domenicale è noioso: “Questo - conclude mons. Lee - ci spinge a creare un programma più animato e coinvolgente. Senza però dimenticare qual è lo spirito del catechismo e a cosa esso serve”.
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