Funzionari cinesi in Sudan, per il rilascio degli operai nelle mani dei ribelli
I 29 lavoratori ostaggio del Sudan People's Liberation Movement-North (SPLM-N). I media sudanesi avevano annunciato la liberazione, poi smentita dalle milizie. Il portavoce assicura che "stanno bene". Gli interessi strategici della Cina nell'area e la lotta per il petrolio con gli Usa.
Pechino (AsiaNews/Agenzie) - Pechino ha inviato una squadra di funzionari in Sudan, per ottenere "il prima possibile" il rilascio di 29 lavoratori nelle mani dei ribelli nel Kordofan Meridionale. Lo affermano fonti del ministero cinese degli Esteri, a conferma delle intenzioni del governo di risolvere in modo positivo la vicenda. Gli operai sono stati sequestrati il 28 gennaio scorso dal Sudan People's Liberation Movement-North (SPLM-N); i media di Stato sudanesi avevano annunciato la liberazione di 14 lavoratori, ma il portavoce dei ribelli ha smentito con forza la notizia bollandola come "una menzogna".
Liu Weimin, portavoce del ministero degli Esteri, riferisce che "la sponda cinese invita tutte le parti in causa a esercitare calma e moderazione". Il gruppo di esperti inviati da Pechino è partito nella notte e cercherà di mediare la liberazione degli ostaggi. Arnu Ngutulu Lodi, portavoce dei ribelli sudanesi, conferma che "stanno bene" e che saranno rilasciati "non appena la situazione inerente la sicurezza lo permetterà".
Intanto la compagnia cinese ha giù inviato sul posto altri 34 operai, già arrivati a Khartoum. Il gruppo comprende 17 impiegati di nazionalità cinese, che lavoravano al campo nei pressi della città di Al-Abbasiya teatro dell'attacco dei ribelli. Commentando la vicenda l'ambasciatore cinese in Sudan Luo Xiaoguang ha sottolineato che "è un fatto isolato" e "non mina i rapporti bilaterali" fra Pechino e Khartoum.
La Cina è il principale partner commerciale del Sudan, nonostante un embargo internazionale, ed è stata accusata di vendere armi usate nella guerra civile. Nel meridione secessionista si trova circa l’80% dei 480mila barili di petrolio estratti ogni giorno dalla China National Petroleum Corp. (che ne riceve il 60% circa), dalla malaysiana Petroliam Nasional Bhd. e dalla indiana Oil & Natural Gas Corp.
Pechino giustifica i rapporti con governi dittatoriali con la dottrina della “non-interferenza” negli affari interni di altri Paesi, anche in polemica con l’interventismo occidentale tacciato di “colonialismo”. Ma la Cina ha grandi interessi in Sudan: la Cnpc ha realizzato l’oleodotto di 1.500 chilometri che porta il petrolio dal sud a Port Sudan, le ditte cinesi hanno realizzato strade, interi quartieri, servizi. Una presenza invisa agli Stati Uniti che, secondo alcuni analisti, sarebbero intenzionati a contendere a Pechino il predominio nell'area.
Liu Weimin, portavoce del ministero degli Esteri, riferisce che "la sponda cinese invita tutte le parti in causa a esercitare calma e moderazione". Il gruppo di esperti inviati da Pechino è partito nella notte e cercherà di mediare la liberazione degli ostaggi. Arnu Ngutulu Lodi, portavoce dei ribelli sudanesi, conferma che "stanno bene" e che saranno rilasciati "non appena la situazione inerente la sicurezza lo permetterà".
Intanto la compagnia cinese ha giù inviato sul posto altri 34 operai, già arrivati a Khartoum. Il gruppo comprende 17 impiegati di nazionalità cinese, che lavoravano al campo nei pressi della città di Al-Abbasiya teatro dell'attacco dei ribelli. Commentando la vicenda l'ambasciatore cinese in Sudan Luo Xiaoguang ha sottolineato che "è un fatto isolato" e "non mina i rapporti bilaterali" fra Pechino e Khartoum.
La Cina è il principale partner commerciale del Sudan, nonostante un embargo internazionale, ed è stata accusata di vendere armi usate nella guerra civile. Nel meridione secessionista si trova circa l’80% dei 480mila barili di petrolio estratti ogni giorno dalla China National Petroleum Corp. (che ne riceve il 60% circa), dalla malaysiana Petroliam Nasional Bhd. e dalla indiana Oil & Natural Gas Corp.
Pechino giustifica i rapporti con governi dittatoriali con la dottrina della “non-interferenza” negli affari interni di altri Paesi, anche in polemica con l’interventismo occidentale tacciato di “colonialismo”. Ma la Cina ha grandi interessi in Sudan: la Cnpc ha realizzato l’oleodotto di 1.500 chilometri che porta il petrolio dal sud a Port Sudan, le ditte cinesi hanno realizzato strade, interi quartieri, servizi. Una presenza invisa agli Stati Uniti che, secondo alcuni analisti, sarebbero intenzionati a contendere a Pechino il predominio nell'area.
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