Fra il governo e la moschea rossa spunta un mediatore: l’imam della Mecca
Abdul Rehman Al-Sudais, principale imam della Grande Moschea della Mecca, ha incontrato i leader della moschea rossa di Islamabad, a cui ha espresso la sua solidarietà per la giusta lotta tesa ad islamizzare il Pakistan.
Islamabad (AsiaNews) – Nella lunga contesa fra il governo pakistano e la “moschea rossa” della capitale è intervenuto un nuovo mediatore: il principale imam della Grande Moschea della Mecca, Abdul Rehman Al-Sudais, che ha offerto “la sua cooperazione per superare gli ostacoli fra il governo pakistano e le due madrasse che fanno capo alla moschea”.
Il religioso si è incontrato il 6 maggio scorso con una delegazione della Lal Masjid [moschea estremista di Islamabad, che predica l’introduzione anche violenta della sharia nel Paese ndr]con cui ha parlato per oltre tre ore. Maulana Adul Rasheed Ghazi, uno dei leader del controverso luogo di culto, ha detto: “Lo rispettiamo molto, e siamo felici per i suoi sforzi. Abbiamo spiegato i nostri problemi e le nostre richieste, e lui ci ha augurato ogni bene. Gli chiediamo di usare la sua influenza per implementare le leggi islamiche anche in Pakistan, sul modello saudita”.
Da parte sua, continua Ghazi, il mediatore si è detto d’accordo sul progetto, perché “applicare le leggi coraniche deve essere la prima responsabilità di un governo musulmano. Se questi non riesce a metterle in pratica, allora è giusto che sia la popolazione a chiederle”.
Gli scontri fra Islamabad e la moschea rossa, a cui fa capo la famigerata madrassa Jamia Hafsa, nascono proprio dalle richieste di “islamizzare” ancora di più il Pakistan. I dirigenti delle istituzioni religiose islamiche hanno più volte dichiarato di “essere pronti per dare vita alla sharia nel Paese, se necessario anche con la forza”.
Queste non sono vuote minacce: lo scorso marzo, le studentesse della madrassa hanno attaccato una presunta casa di piacere della capitale pakistana ed hanno sequestrato due donne, accusate di esserne le tenutarie. Le due donne sono rilasciate solo dopo aver firmato un documento in cui ammettevano di "aver tenuto un comportamento anti-islamico".
In un secondo momento, i leader della moschea hanno chiesto una fatwa contro l’islam moderato, “la principale causa di oscenità nel Paese” ed hanno minacciato il governo: "Applicate la nostra legge, o lo faremo noi con ogni mezzo a disposizione".
Vedi anche