11/02/2008, 00.00
CINA
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Finisce il “miracolo” industriale del Fiume delle Perle

Questa parte del Guangdong è stata il vero motore trainante del miracolo economico cinese. Ma ora manca la mano d’opera, allettata da migliori salari in altre regioni, e aumentano i costi della produzione. La regione cerca di favorire lo sviluppo di servizi e industrie d’avanguardia.

Pechino (AsiaNews/Agenzie) – Chiudono le fabbriche del Delta del Fiume delle Perle (Guangdong), da decenni vero motore trainante della produzione industriale cinese e principali artefici del boom economico di tutto il Paese. L’aumento del costo del lavoro e delle materie prime, i maggiori controlli contro l’inquinamento, l’apprezzamento dello yuan, l’aumento delle tasse e la recessione negli Usa (primo mercato delle merci cinesi) restringono i margini di ricavo e sempre più fabbriche spostano la produzione soprattutto verso il centro del Paese, dove la mano d’opera è ancora a buon mercato.

Da tempo manca la mano d’opera poiché gli operai migrano in altre regioni, meglio pagati o più vicini a casa. Si teme che molti di loro non ritornino dopo queste vacanze, anche per le grandi difficoltà sofferte, a causa della neve, alla stazione di Guangzhou per partire. Il costo del lavoro è aumentato con la nuova legge in vigore dal 1° gennaio che prevede diritti “basilari” ma finora negletti, come l’assicurazione medica e le ferie.

Eddie Lam Kwong-tak. direttore della Onlen Fairyland che ha 22 fabbriche di scarpe con 40mila operai, dice al South China Morning Post che la nuova legge comporta un maggior costo di 10 yuan per ogni paio di scarpe. Dice che “è un vero tsunami”. E’ tanto per l’industria cinese, abituata a invadere i mercati grazie al prezzo minimo dei prodotti e al cambio dello yuan tenuto basso in modo artificiale.

Ora il Guangdong spera di trasformarsi da una regione di fabbriche basate su decine di milioni di migranti malpagati, a un’economia basata sui servizi e su industrie non inquinanti e di avanguardia. La nuova politica infatti penalizza anzitutto le industrie più inquinanti e che richiedono molta mano d’opera, come tessile, scarpe, pellame e abiti. Molte manifatture stanno “migrando” in Hunan, Guizhou e Jiangxi. La situazione è peggiorata per la recente emergenza-neve, che, bloccando trasporti e rifornimenti e diminuendo le fonti di energia, ha costretto a fermarsi le fabbriche che richiedono molta materia prima ed energia, come quelle di cemento e metallurgiche. Peraltro l’emergenza neve ora ritarderà questi “trasferimenti”, dopo che alcune città, come Chenzhou nell’Hunan, sono state per settimane con le strade bloccate e senza energia, con i lavori di ripristino della rete elettrica che richiederanno ancora settimane.

Simon Shi Kai-biu, presidente dell’Associazione di Hong Kong dei piccoli e medi imprenditori, dice che “di recente una trentina di fabbriche della zona del Delta sono state vendute a imprenditori di Hong Kong e centinaia sono in trattativa. Vogliono ottenere denaro per spostare la produzione altrove, o vogliono vendere prima di essere tagliati fuori dal mercato”. “Non sarei sorpreso – aggiunge – se chiudessero 10mila fabbriche, dopo le vacanze del Nuovo anno”.

Molte altre dovranno ricorrere a motori alimentati a gasolio, finché permarrà la scarsità di energia. Cosa che farà aumentare i costi.

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