Festa per gli Oscar di “Slumdog millionaire”, uno sguardo sull’India violenta
di Nirmala Carvalho
Premiato anche il documentario “Smile Pinky” che racconta la storia di un bambino indiano divenuto fuori casta per una malformazione al viso. Le minoranze auspicano che questi successi portino maggiore attenzione alle violenze verso musulmani, cristiani ed emarginati.
Mumbai (AsiaNews) - L’India è in festa per il successo di Slumdog millionaire nella notte degli Oscar. Al film del regista Danny Boyle, che si aggiudica otto statuette, si aggiunge anche la vittoria di Smile Pinky, un documentario corto che racconta la storia di un bambino di sei anni, del villaggio di Dabi nell’Uttar Pradesh, divenuto fuori casta a causa del labbro leporino.
In realtà, i riconoscimenti al film del britannico Boyle e al documentario della statunitense Megan Mylan, premiano pochi cittadini indiani: ad aggiudicarsi l’Oscar solo il compositore A.R. Rahman, la cantante Sampooran Singh Gulzar e il sound designer Resul Pookutty. Oltretutto i produttori di Slumdog millionaire sono al centro di una polemica, accusati di aver sottopagato due bambini protagonisti della pellicola, Rubina Ali e Mohammed Azharuddin Ismail, che dopo il film sono tornati a vivere negli slums di Mumbai. Nonostante questo però, la gente è scesa per le strade e le scuole sono chiuse. Ad essere celebrato non è tanto il cinema indiano - che ogni anno produce centinaia di pellicole e raccoglie nelle sale ogni giorno 23 milioni di persone - quanto piuttosto il Paese e le sue storie, protagoniste della notte di Los Angeles.
Mumbai con i bambini degli slums e la vicenda del ragazzo musulmano Jamal, Dabi e la storia di Pinky sono due volti dell’India di oggi. Quasi ignorati prima del trionfo di Slumdog millionaire essi sono ora sotto i riflettori della cronaca. Mentre la festa contagia tutto il Paese, in molti sperano che questi successi portino maggior attenzione verso i problemi che i due film sollevano ed i fatti che in essi sono raccontati.
Il pluripremiato film di Boyle ricorda le violenze indù verso la popolazione musulmana e ha riportato alla memoria le rivolte di Mumbai del 1993 ed altri attacchi contro le minoranze islamiche messi in atto dai nazionalisti. Ram Puniyani, membro dell’organizzazione Committee for Communal Amity (Ekta) afferma ad AsiaNews: “Il film descrive la realtà molto bene. L’idea comune è che le rivolte che hanno visto come protagonisti indù e musulmani, o indù e cristiani, hanno sempre motivi pretestuosi. Negli ultimi due decenni tutti i casi di violenza sono stati innescati da diramazioni del Rashtriya Swayamsevak Sangh [organizzazione di nazionalisti indù Ndr], che per dar via a massacri hanno cercato pretesti diversi di luogo in luogo. Nel Gujarat è stato l’incendio del treno alla stazione di Godhra [febbraio 2002 Ndr]; nel Kadhamal l’uccisione dello Swami Laxamananda per mano dei maoisti [23 agosto 2008 Ndr]”.
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