E’ associato al PIME il primo prete polacco “fidei donum” per la Cina
Si prepara a partire per Hong Kong don Czesław Jerzy Wojciechowski, che racconta la sua vocazione missionaria, cominciata con un periodo in Ciad.
Roma (AsiaNews) – E’ il primo sacerdote polacco “fidei donum” ad andare ad Hong Kong. I primi passi da missionario, don Czesław Jerzy Wojciechowski li aveva compiuti in Africa, ma un vecchio monaco, che era stato confessore di Giovanni Paolo II, gli aveva detto: “meglio in Cina”. L’incontro col PIME e un attacco di malaria hanno fatto il resto. A fine maggio don Jerzy finirà il suo impegno in Polonia, poi andrà a New York per migliorare il suo inglese. Dopo Natale sarà finalmente a Hong Kong.
Così, oggi, racconta ad AsiaNews il compimento di quella che ritiene la profezia sulla sua missione.
Sono nato 36 anni fa a Torun, in Polonia, e sono sacerdote dal 15 giugno 1996. Già nel mio primo lavoro in parrocchia, nella concattedrale di Chelmza, ero responsabile di un gruppo dell’Infanzia missionaria. Ed anche quando, nel settembre 1997, divenni vicario nella parrocchia dell’Assunzione a Toruń, avevo contatto con l’Infanzia missionaria. Mi preparavo anche per la partenza in Ciad, dove mi aveva invitato mons. Charles Vandame sj, attuale arcivescovo emerito di N`Djamena.
Nel luglio 1998 il mio vescovo decise di inviarmi a Roma per studiare missiologia all’Urbaniana. Durante quasi cinque anni fino al dottorato, abitavo vicino alla sede del PIME nel Collegio San Pietro. Con i miei amici del Bangladesh o della Cina talvolta avevo l’occasione per parlare con sacerdoti del PIME. Nel novembre 2001 sono andato a Ducenta per pregare davanti alla tomba del beato Paolo Manna, affidandogli il mio futuro missionario.
Nel settembre 2003 potevo già servire come missionario nel seminario maggiore di San Mbaga Tuzinde a Sarh in Ciad. Là ero prefetto degli studi ed insegnavo liturgia, patrologia e storia della Chiesa. Sapevo che lì vicino, a Yagoua, c’è una comunità del PIME. Ho deciso allora di scrivere una lettera a padre Fernando Galbiati, segretario generale delle Pontificie opere missionarie, chiedendo spiegazioni sulla possibilità di associarmi al Pime, perché la vita solitaria nelle missioni sembrava per me insufficiente. Ho ricevuto una risposta direttamente dal vicario generale padre Luigi Bonalumi, che mi ha accompagnato durante questi tre anni di attesa della decisione finale del mio vescovo.
Nel frattempo, quando sono tornato in Polonia ho avuto un grande attacco di malaria falciparum ed anche un intervento alla cistifellea. I medici del reparto delle malattie tropicali, mi hanno sconsigliato di tornare in Africa, dove ho lasciato una amata comunità. Il mio dottore ha suggerito che per me sarebbe meglio andare là dove non c’è rischio di malaria. Tra i paesi ad gentes indicati c’erano sopratutto Cina e Mongolia. E quando padre Luigi Bonalumi ha scritto la prima domanda al mio vescovo Andrea Suski, ha indicato tre Paesi dove potrei servire la Chiesa con il PIME: il Giappone, la Cambogia e la Cina. Il mio vescovo ha scelto la Cina, ma mi ha fatto aspettare quasi 18 mesi. Durante questo tempo di attesa sono stato nominato padre spirituale al Centro nazionale della formazione missionaria e responsabile dell’Istituto missionario del laicato a Varsavia. Qui ho fatto i primi passi nella lingua cinese con una signora rifugiata dalla Cina.
A settembre scorso sono entrato nel “mondo asiatico” come partecipante del VII Colloquio europeo
-cattolico sulla Cina a Triuggio e dopo grazie al I Congresso missionario asiatico a Chiang Mai in Thailandia. Insieme col padre vicario ho potuto anche passare belle giornate nella sede regionale del Pime a Hong Kong, dove ho incontrato padre Doimo ed altri padri del Pime. L’11 dicembre il mio vescovo diocesano ha firmato il contratto concludendo il lungo tempo dell’attesa.
In fondo, era cominciato nel 1998, quando, insieme con mio amico Pawel siamo andati a Frascati per visitare un novantenne monaco camaldolese polacco, padre Rostworowski, già confessore di Karol Wojtyla. Mi ha chiesto: “Dove vai come missionario?”. Ho risposto: “In Ciad”. E lui: “Mi pare che sarebbe meglio servire la Chiesa in Cina”.
Non pensavo che fosse una profezia. La Providenza Divina ha dato una chiara risposta. Che sia per me una sfida, che non sia persa.
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