Ex spia cinese: i servizi segreti vogliono stroncare chi lotta per i diritti umani in Cina
Washington (AsiaNews/Agenzie) – L’ex spia cinese Li Fengzhi, rifugiatosi all’estero da anni, denuncia l’operazione in atto dei servizi segreti della Cina per sopprimere ogni dissenso nella popolazione cinese, anche all’estero, e invita i politici occidentali a chiedere a Pechino di rispettare i diritti umani. Finora non era mai successo che una spia cinese si rivelasse al pubblico.
Ieri sera a Washington, un nervoso Li ha detto in conferenza stampa che egli ha operato per anni per il ministero cinese della Sicurezza dello Stato, ma che lo ha poi lasciato perché il suo “lavoro” era spiare dissidenti, gruppi spirituali, cittadini qualsiasi che protestano per le ingiustizie, disoccupati, contadini poveri privati della terra. Ha anche rinunciato ad essere membro del Partito comunista cinese, quando il movimento spirituale Falun Gong, perseguitato da Pechino, ha chiesto a tutti gli iscritti di strappare la tessera.
Li ha detto che “il governo cinese non solo usa violenza e menzogne per sopprimere i basilari diritti umani della gente, ma fa anche quanto possibile per nascondere la verità alla comunità internazionale”. Da qui una diretta critica contro quei politici occidentali, fra cui Hillary Clinton, che nel rapporto con Pechino “fanno attenzione solo ai temporanei vantaggi politici e economici ma rimangono in silenzio riguardo ai diritti umani”.
Li è convinto che, nonostante la rapida crescita economica, il governo cinese non sia stabile, proprio per le diffuse violazioni e soppressioni dei diritti umani. E’ convinto che il potere comunista sarà sovvertito dagli stessi cinesi esasperati, ma chiede ai governi occidentali di sollecitare a loro volta Pechino a rispettare i fondamentali diritti della persona.
L’ex spia non ha fornito particolari specifici del suo lavoro, svolto soprattutto in Europa orientale e Asia centrale, temendo per la sicurezza della sua famiglia che vive in Cina. Ha chiesto asilo politico e ha precisato che solo i leader centrali conoscono tutte le ramificazioni della rete spionistica del Paese. Ha insistito che c’è un grande impiego di mezzi per controllare i cittadini cinesi e sopprimerne i diritti, anche all’estero.
Nel 2005 Chen Yonglin, diplomatico a Sidney, ha chiesto asilo e ha parlato di oltre 1.000 agenti cinesi in Australia, che anche rapiscono e rimpatriano i cinesi fuggiti all’estero per ragioni politiche.