Eugenio Vagni libero. Missionario: A Mindanao ancora molti pericoli
Manila (AsiaNews) – Eugenio Vagni, il volontario della Croce rossa rapito sei mesi fa nel sud delle Filippine, è stato liberato ieri sera. Secondo p. Angelo Calvo, missionario clarettiano dell’organizzazione Peace Advocate Zamboanga, che ha seguito da vicino le fasi della sua liberazione, ancora ieri vi erano stati diversi falsi allarmi, fino a che alle 10 di sera (ora di Manila), sono divenuti certi della liberazione del rapito. Lo stesso p. Calvo afferma che la situazione nel sud delle Filippine, a Jolo e Mindanao, rimane molto tesa e piena di “pericoli e insicurezza”. Secondo il missionario, non è per nulla sicuro che il gruppo dei rapitori appartenesse all’organizzazione terrorista Abu Sayyaf. Non è nemmeno sicuro che non sia stato pagato alcun riscatto.
Vagni si trova ora nell’ambasciata italiana a Manila e sta bene. Era stato rapito il 15 gennaio a Jolo, dove stava visitando un progetto sostenuto dalla Croce rossa, insieme ad altri due cooperanti, la filippina Mary Jean Lacaba e lo svizzero Andreas Notter. La Lacaba era stata liberata quasi subito; Notter invece era stato abbandonato nella foresta, mentre l’esercito filippino braccava il gruppo dei rapitori.
Per molto tempo si è temuto per la salute di Vagni, 62 anni, malato di ipertensione e di ernia. Un altro timore era la continua minaccia da parte dei rapitori di ucciderlo se i militari avessero tentato un blitz.
Nel giugno scorso anche Benedetto XVI aveva rivolto un appello perché fossero liberate tutte le persone rapite: Fra esse aveva citato proprio Eugenio Vagni.
Nelle ultime settimane l’esercito aveva accerchiato la zona dove Vagni era tenuto prigioniero e minacciava un blitz, temuto dai rapitori. Il governo italiano si è opposto con forza.
La liberazione di Vagni è avvenuta con l’allontanamento dell’esercito dalla zona e con in cambio la liberazione di due moglie di uno dei capi del gruppo islamico autore del rapimento.
Il ministero italiano degli esteri ha escluso ogni pagamento di riscatto. P. Calvo afferma che “non è sicuro” che sia stato pagato alcun riscatto” e forse “non lo si saprà mai”.
Anche l’identità del gruppo dei rapitori è imprecisa. I media parlano di un gruppo di islamici vicini ad Abu Sayyaf, l’organizzazione terrorista che ha legami con al Qaeda, ma il missionario è scettico. “Nella zona – dice - vi sono molti gruppi armati che operano in modo autonomo, controllando brandelli di territorio. Questi non rispondono a un’organizzazione centrale e non sembrano obbedire alla centrale di Abu Sayyaf a Jolo”.
Il missionario lancia un avvertimento: “La situazione qui nel sud delle Filippine e a Mindano è ancora molto pericolosa e piena di insicurezze, che il governo centrale e la società non riescono a controllare. Occorre fare qualcosa. Occorrono più forze di sicurezza, ma anche più giustizia e trovare delle vie di dialogo e di accordo con tutti questi gruppi, che siano ideologicamente orientati o no”.