Esule birmano: le direttive della giunta, per assicurarsi la vittoria alle elezioni
New Delhi (AsiaNews) – All’annuncio delle elezioni generali per il 7 novembre prossimo, le prime in 20 anni, il regime militare birmano ha fatto seguire immancabilmente anche una serie di restrizioni per la campagna elettorale che pongono ulteriori dubbi sul voto promesso alla popolazione. Secondo un regolamento in 13 punti - presentato come mezzo per garantire elezioni “libere ed eque” - i candidati che intendono parlare in pubblico devono chiedere il permesso con almeno sette giorni di anticipo e in ogni caso non devono turbare l’ordine pubblico o causare problemi al traffico. La nuova Costituzione già impedisce la candidatura della leader dell’opposizione Aung San Suu Kyi, che comunque rimarrà agli arresti domiciliari durante la consultazione. La giunta birmana - al potere dal 1962 - si è inoltre assicurata il controllo su ogni futuro governo, dando un potere di veto alla camera alta del Parlamento i cui membri sono in gran parte scelti dai militari. Più di 40 partiti correranno alle elezioni, fra cui il Partito per lo Sviluppo e l’Unione Solidale e il Partito dell'Unità Nazionale, vicini alla giunta militare. La Lega Nazionale per la Democrazia (Nld), il partito di Suu Kyi che vinse le elezioni di 20 anni fa, mai riconosciute dal regime, ha deciso di boicottare il voto. I partiti hanno tempo fino al 30 agosto per scegliere i candidati.
AsiaNews ha chiesto un commento sulla situazione a Tint Swe, membro del Consiglio dei ministri del National Coalition Government of the Union of Burma (NCGUB), costituito da rifugiati del Myanmar dopo le elezioni del 1990. Fuggito in India, dal 21 dicembre del 1991 vive a New Delhi.
Se si guarda a un evento particolare come quello delle elezioni birmane del 7 novembre non sarebbe onesto trascurare il contesto in cui si svolgeranno. Prima di tutto, vi è una Costituzione restrittiva ed esclusiva. La Commissione elettorale, che dovrà monitorare il voto, è controllata e non libera. A questo si è aggiunto ora il regolamento per i partiti politici e i candidati; anche questo restrittivo, controllato e diretto a tenere lontano parte della popolazione.
La Lnd ha deciso il boicottaggio del voto e ora spetta agli altri partiti registrati raccogliere la sfida. Per correre alle elezioni regionali un partito politico ha bisogno di almeno 500 coraggiosi membri, mentre per le generali ne servono mille. Intimidazioni e una diffusa cultura della paura mettono, però, a rischio la vita e il futuro di queste organizzazioni. Un candidato deve depositare 500mila kyat (circa 500 dollari) in un Paese dove tutto il denaro è nelle mani dei generali e dei loro scagnozzi. Esistono 40 partiti politici, di cui 35 nuovi e 5 che hanno già partecipato al voto del 1990.
La situazione è un po’ differente da 20 anni fa, quando le poltrone in Parlamento venivano assegnate in base alla popolazione dei seggi elettorali. Ora per la divisione di Mandalay è previsto un candidato ogni 100mila elettori, mentre nello Stato Chin uno per meno di 50mila elettori. Ci crediate o no, a Naypydaw – la nuova e isolata capitale dove vive solo il generalissimo Than Shwe e i membri del regime, saranno eletti 5 parlamentari ogni mille elettori. È evidente che le nuove regole fanno solo l’interesse della giunta.
I candidati possono essere accettati oppure no. Se il candidato è abbastanza fortunato da avere il via libera, non avrà però permesso di sventolare la bandiera del suo partito, né mostrare cartelloni o urlare slogan in una manifestazione. Ogni pubblicazione e materiale stampato deve passare una doppia censura.
I termini della campagna elettorale devono ancora essere annunciati. La Commissione elettorale finirà lo scrutinio dei potenziali candidati il 10 settembre. È vietato usare spazi pubblici ed edifici come luoghi di raduni politici, nonostante ciò il partito di governo il “Partito per lo Sviluppo e l’Unione Solidale”, sta usando tutti gli spazi possibili e gratuitamente.
Per ora dalla comunità internazionale solo raccomandazioni e critiche. Il segretario generale Onu, Ban Ki-moon, ha chiesto alla giunta di tenere elezioni libere e trasparenti. Dal canto suo l’amministrazione americana e il Parlamento europeo hanno dato il loro sostegno per la creazione di una Commissione d’inchiesta Onu che indaghi il Myanmar per crimini di guerra e contro l’umanità.
07/05/2021 14:20