Espulso uno dei capi del Bjp: aveva elogiato Ali Jinnah, fondatore del Pakistan
Mumbai (AsiaNews) - Il Bjp (Bharatiya Janata Party) ha perso le elezioni lo scorso maggio e la gente pensa che una delle ragioni sia stata la sua politica sprezzante verso le minoranze religiose, in particolare i musulmani in Gujarat e i cristiani in Orissa.
Se sono stati al potere per una legislatura al governo centrale in New Delhi, il merito si deve a Vajpayee, il loro capo moderato che non ha mai offeso i sentimenti delle minoranze. Dopo di lui, il presidente del partito è divenuto LK Advani, che non è riuscito ad avere la fiducia delle minoranze. Per lungo tempo ha condotto una campagna per costruire un tempio nazionale al dio Rama nella cittadina di Ayodya, dove esisteva una vecchia moschea che una folla di militanti indù ha distrutto il 6 dicembre 1992 alla presenza dello stesso Advani.
I capi del Bjp devono aver capito che alienarsi le simpatie dei musulmani è forse stata una delle cause della loro sconfitta. Un libro scritto da Jaswant Singh è stato forse un passo per riconquistare la fiducia dei musulmani. Singh ha infatti pubblicato un’opera sul fondatore del Pakistan, dal titolo“Ali Jinnah: India-Partition-Independence” .
Egli ha scritto: “Io ammiro certi aspetti della sua personalità…penso che non lo abbiamo ben capito perché noi avevamo bisogno di creare un demonio…avevamo bisogno di un demonio perché nel ventesimo secolo l’avvenimento più significativo nel subcontinente è stata la divisione della nazione.”
Dopo la sconfitta nelle elezioni molti commentatori avevano suggerito al Bjp di cambiare il loro attaccamento all’ideologia della Hindutva e di dissociarsi dalla Sangh Parivar (associazione di militanti Indù, responsabile di molte violenze contro le minoranze). Ma i capi di turno hanno affermato che non è possibile abbandonare la Hindutva. Le reazioni alla pubblicazione di questo libro di Jaswant Singh, fino alla sua espulsione dal partito, è forse l’inizio di una lotta di potere tra i dirigenti del Bjp.
I capi di turno del partito hanno infatti ufficialmente boicottato la funzione di presentazione del libro, e quando si sono riuniti a Simla hanno decretato l’espulsione di Jaswant Singh. Nella storia del Bjp vi è un precedente, che ha a che fare con la personalità di Ali Jinnah: qualche anno fa, LK Advani durante una visita in Pakistan, suo luogo di nascita, in un discorso pubblico aveva affermato che Jinnah era stato ispirato da motivazioni “laiche” e non islamiche. Anche allora la reazione dei quadri del Bjp era stata immediata e violenta e la popolarità di Advani era precipitata.
La divisione del subcontinente indiano con la creazione – nel sangue – di India e Pakistan è una ferita nelle coscienze di entrambi i popoli.
Affermando che Jinnah è stato “un grande statista”, Jaswant Singh ha fato ricadere sui capi del Congress di allora la colpa della divisione del subcontinente. In un’intervista a poche ore dal lancio del libro, Singh ha avuto il coraggio di difendere questa posizione, differente da quella della Sangh Parivar ed anche della storiografia popolare indiana. Per Jaswant Singh, la creazione del Pakistan è da attribuire più a una colpa del Congress e di Jawaharlal Nehru, che sulla determinazione di Jinnah di ritagliare uno stato musulmano dall’India.
Anche il partito del Congress ha criticato Singh, mettendo in dubbio il suo patriottismo. Il portavoce del partito, Abhishek Sanghvi, ha detto: “Mentre lodava Jinnah, Singh ha dimostrato il suo patriottismo denigrando Jawaharlal Nehru, primo ministro”.
L’interpretazione di Singh è che “Nehru credeva in una politica di centralizzazione…. Jinnah avrebbe voluto una politica confederativa. Anche Gandhi accettava questa idea. Ma Nehru non voleva. Ha resistito di continuo all’idea di un India confederata fino al 1947, quando si trovò un’India divisa”.