Esperto indiano commenta la sentenza sull’eutanasia passiva
La Corte suprema dell’India ammette il testamento biologico per i malati terminali. Negli anni ’80 introdotto un disegno di legge “sul diritto a morire con dignità”. P. Caesar D’Mello è l’ex rettore del seminario dell’arcidiocesi di Mumbai.
Mumbai (AsiaNews) – “Non sono riuscito a leggere le 538 pagine della sentenza. Su Google ho letto solo delle sintesi”. È quanto afferma ad AsiaNews p. Caesar D’Mello, a proposito della sentenza della Corte suprema che ha legalizzato l’eutanasia passiva per i malati terminali in India. Il sacerdote, che ha un dottorato in Teologia morale presso la Pontificia università Lateranense di Roma, sostiene: “Credo che la Corte suprema abbia dato istruzioni specifiche su ciò che deve essere fatto. Per esempio, in caso di coma, la persona potrà decidere di non essere rianimata, sottoposta a emodialisi o a procedure chirurgiche rischiose, costose o dolorose”.
Il 9 marzo scorso i giudici supremi hanno stabilito le condizioni per “accelerare la morte del malato”, compresa la redazione del testamento biologico, cioè il consenso all’interruzione delle cure mediche in caso di coma irreversibile. La discussione sulla legge per il testamento biologico spetterà poi al Parlamento.
P. Caesar è ex rettore e decano del college St. Pius X, seminario arcidiocesano di Mumbai, e attualmente parroco della chiesa di St. Andrew di Bandra. Negli anni ’80, spiega, “un privato cittadino ha introdotto un disegno di legge sul diritto a morire con dignità, che dal punto di vista superficiale, sembrava perfetto. Ma quando si andavano a leggere le previsioni nel dettaglio, ci si accorgeva che era il medico ad avere la decisione finale sul decesso e non poteva essere considerato responsabile. Oggi però non ricordo le disposizioni esatte della legge”.
A quel tempo, continua, “il dott. Chicot Vaz e il dott. Eustace D’Souza, membri fondatori del centro biomedico Fiamac (Federation Internationale des Associations Medical Catholique), chiedevano [l’approvazione] del testamento biologico o di una ‘advanced directive’ [dichiarazione anticipata di trattamento, con cui una persona comunica il trattamento sanitario cui vuole essere sottoposto in caso di futura malattia, ndr]”. Con la sentenza del 9 marzo, “il paziente potrebbe indicare in anticipo un tutore o un parente che prenda decisioni al suo posto, in caso di incoscienza”. “Con questo giudizio – conclude il sacerdote – molti ospedali dovrebbero cambiare le regole e stabilire comitati etici indipendenti per decidere sui casi difficili”.