Erdogan e i militari turchi: la sfida continua
di NAT da Polis
Il Premier turco ha risposto alle dimissioni di protesta dei vertici militari con nuove nomine, appoggiato dal capo dello Stato Gul, forte della vittoria elettorale di due mesi fa. Ma nelle scelte non mancano elementi di compromesso. Il nuovo capo di Stato maggiore accusato di crimini di guerra nelle province curde.
Ankara (AsiaNews) - La continua resa dei conti tra Erdogan e i vertici militari non sembra aver fine. E capita negli ultimi due anni proprio nel mese di agosto; e, guarda caso, in pieno periodo di Ramadan. Infatti il 29 luglio 2011, a due mesi dal trionfo elettorale di Erdogan, i vertici delle forze armate, cioè il capo dello Stato maggiore della difesa, il generalissimo Isik Kosaner seguito dai capi dell’esercito, dell’aeronautica e della marina si sono dimessi dai loro incarichi. Motivo delle dimissioni: il disaccordo con il governo per la detenzione di 14 generali e di circa 160 ufficiali superiori, tutti in servizio, messi sotto inchiesta perché incriminati per cospirazione e per le note inchieste sui casi “Ergenekon” (la "Gladio turca") e Beyloz.
Essi sostengono di essere ingiustamente accusati e non ancora sottoposti a giudizio; e perciò impediti a partecipare alle prossime promozioni di carriera previste proprio durante il mese di agosto. L’unico a non dimettersi è stato il capo della gendarmeria, il generale Necdet Ozel, che è responsabile inoltre anche dell’Intelligence di sicurezza territoriale, a cui fanno riferimento il ministero degli Interni così come la polizia. Quest’ultima, com’è ben noto, molto vicina ad Erdogan.
Il generalissimo Kosaner ha colto l’occasione delle proprie dimissioni per scagliarsi contro i media filogovernativi, in quanto rei di infangare il valore e il prestigio delle Forze armate turche, viste come pilastro dell’integrità della Turchia contemporanea . Si tratta di fatti certamente clamorosi; questa è la prima volta nella storia della Turchia che i militari si dimettono; finora infatti erano le Forze armate ad imporre le dimissioni ai politici o addirittura la gogna, come è accaduto 50 anni fa, quando l’allora primo ministro Menderes, è stato condannato all’impiccagione perché reo di aver cercato di opporsi allo strapotere dei militari. Tuto ciò è dunque un cambiamento sconvolgente e a cui sembra difficile abituarsi, come ha osservato il giornalista del giornale “Sabah” Mehmet Barla.
Immediata la risposta di Erdogan, coadiuvato dal presidente Gul, che grazie anche alle modifiche costituzionali del 12 settembre 2010 e a quelle successive con i decreti del marzo 2011 hanno in sostanza sancito l’indipendenza del potere politico da quella del Consiglio Superiore della Difesa, del quale sino ad allora le decisioni venivano considerate inappellabili. Il 4 agosto 2011 Erdogan e Gul hanno proceduto alla nomina come capo dell’esercito dell’unico non dimissionario, il generale Necdet Ozel e lo hanno nominato subito dopo anche capo provvisorio dello Stato maggiore della difesa.
In seguito Erdogan ha convocato sotto la sua assoluta ed autorevole presidenza - anche questo per la prima volta nella storia della Turchia Repubblicana - il Consiglio supremo della difesa, con la sola presenza di nove generali dei 14 previsti dallo statuto dello stesso Consiglio. Come abbiamo detto, quattro generali si erano dimessi ed il quinto, l’ammiraglio Bilgin Bolandi, è sotto inchiesta anche lui per Ergenekon ed Beyloz.
Il Consiglio supremo della difesa ha provveduto tre giorni fa alla conferma del generale Necdet Ozel a capo dello Stato maggiore, provvedendo alla nomina dei capi dell’esercito (Hayri Kivrikoglu), dell’aeronautica (Mehmet Erten), della marina (Emin Murat Bilgel) e della gendarmeria ( Bekir Kalyoncu). La nuova composizione è stata frutto di compromessi e di una certa magnanimità da parte di Erdogan, vista anche l’ impossibilità di trovare materiale per riempire il puzzle, dato che 14 generali sono tuttora sotto inchiesta, senza stravolgere allo stesso tempo i quadri delle Forze armate turche.
Frutto di questi compromessi è stata la nomina a capo della gendarmeria di Bekir Kalyoncu, in quanto il suo nome appare tra quelli degli accusati nella lista di Ergenekon; e l’emarginazione di Aslan Guner, già vicecapo dello Stato maggiore della difesa, alla direzione dell’Accademia di Guerra. Reo quest’ultimo di non avere salutato la moglie del presidente Gul perchè coperta con il velo. Magnanimità, come abbiamo detto, di Erdogan in quanto ha prorogato momentaneamente la carriera ai 14 generali sospesi perché incriminati per cospirazione. Un altro fatto importante è che le nuove nomine sono state approvate e comunicate, per la prima volta, dalla presidenza della Repubblica e non dallo Stato maggiore della difesa, come era d’uso sinora.
Vari i commenti su questo scontro. Primo tra tutti quello di Erdogan, il quale senza menzionare i fatti ha ribadito l’impellente necessità della riforma costituzionale. Gli elementi nazionalisti e conservatori hanno considerato il gesto dei vertici militari come un “harakiri”, perché si sono consegnati così nella mani di Erdogan; mentre il giornale Taraf, che in tutti questi anni ha appoggiato le indagini contro le varie cospirazioni dei quadri militari implicati negli affari Ergenekon e Beyloz e la conseguente pulizia nelle Forze armate, lo ha considerato come un cedimento compromissorio di Erdogan. Al contrario Milliyet, espressione del vecchio establishment, ha definito i fatti come un buon inizio e ha fatto proprie le parole del presidente Gul, il quale a proposito della proroga concessa ai 14 generali sotto inchiesta ha detto: “Se non fosse concessa la proroga dei generali ai loro gradi, il nuovo capo avrebbe delle difficoltà nel proprio operato. S’è dato un buon inizio”, ha concluso Gul.
Murat Belge, espressione più alta della coscienza civile in Turchia, ha detto a questo proposito: “Non basta la nomina di un nuovo capo dello Stato della difesa in Turchia per confermare i processi democratici. La democrazia non avviene attraverso decreti ma è una conquista civile, per cui bisogna vigilare”. A proposito infine del nuovo capo di Stato maggiore della Difesa, Ozel, non c’è stato a livello giornalistico nessun commento negativo, eccetto quello di un gruppo di parlamentari tedeschi (Ulla Ozpeke, Anrej Hunko, Ingrid Remmers, Heidrun Dietriche e Harold Weinher) che in un loro comunicato accusano il nuovo capo di Stato maggiore della difesa di crimini di guerra nelle province curde nell’anno1999, quando era capo della gendarmeria .
Essi sostengono di essere ingiustamente accusati e non ancora sottoposti a giudizio; e perciò impediti a partecipare alle prossime promozioni di carriera previste proprio durante il mese di agosto. L’unico a non dimettersi è stato il capo della gendarmeria, il generale Necdet Ozel, che è responsabile inoltre anche dell’Intelligence di sicurezza territoriale, a cui fanno riferimento il ministero degli Interni così come la polizia. Quest’ultima, com’è ben noto, molto vicina ad Erdogan.
Il generalissimo Kosaner ha colto l’occasione delle proprie dimissioni per scagliarsi contro i media filogovernativi, in quanto rei di infangare il valore e il prestigio delle Forze armate turche, viste come pilastro dell’integrità della Turchia contemporanea . Si tratta di fatti certamente clamorosi; questa è la prima volta nella storia della Turchia che i militari si dimettono; finora infatti erano le Forze armate ad imporre le dimissioni ai politici o addirittura la gogna, come è accaduto 50 anni fa, quando l’allora primo ministro Menderes, è stato condannato all’impiccagione perché reo di aver cercato di opporsi allo strapotere dei militari. Tuto ciò è dunque un cambiamento sconvolgente e a cui sembra difficile abituarsi, come ha osservato il giornalista del giornale “Sabah” Mehmet Barla.
Immediata la risposta di Erdogan, coadiuvato dal presidente Gul, che grazie anche alle modifiche costituzionali del 12 settembre 2010 e a quelle successive con i decreti del marzo 2011 hanno in sostanza sancito l’indipendenza del potere politico da quella del Consiglio Superiore della Difesa, del quale sino ad allora le decisioni venivano considerate inappellabili. Il 4 agosto 2011 Erdogan e Gul hanno proceduto alla nomina come capo dell’esercito dell’unico non dimissionario, il generale Necdet Ozel e lo hanno nominato subito dopo anche capo provvisorio dello Stato maggiore della difesa.
In seguito Erdogan ha convocato sotto la sua assoluta ed autorevole presidenza - anche questo per la prima volta nella storia della Turchia Repubblicana - il Consiglio supremo della difesa, con la sola presenza di nove generali dei 14 previsti dallo statuto dello stesso Consiglio. Come abbiamo detto, quattro generali si erano dimessi ed il quinto, l’ammiraglio Bilgin Bolandi, è sotto inchiesta anche lui per Ergenekon ed Beyloz.
Il Consiglio supremo della difesa ha provveduto tre giorni fa alla conferma del generale Necdet Ozel a capo dello Stato maggiore, provvedendo alla nomina dei capi dell’esercito (Hayri Kivrikoglu), dell’aeronautica (Mehmet Erten), della marina (Emin Murat Bilgel) e della gendarmeria ( Bekir Kalyoncu). La nuova composizione è stata frutto di compromessi e di una certa magnanimità da parte di Erdogan, vista anche l’ impossibilità di trovare materiale per riempire il puzzle, dato che 14 generali sono tuttora sotto inchiesta, senza stravolgere allo stesso tempo i quadri delle Forze armate turche.
Frutto di questi compromessi è stata la nomina a capo della gendarmeria di Bekir Kalyoncu, in quanto il suo nome appare tra quelli degli accusati nella lista di Ergenekon; e l’emarginazione di Aslan Guner, già vicecapo dello Stato maggiore della difesa, alla direzione dell’Accademia di Guerra. Reo quest’ultimo di non avere salutato la moglie del presidente Gul perchè coperta con il velo. Magnanimità, come abbiamo detto, di Erdogan in quanto ha prorogato momentaneamente la carriera ai 14 generali sospesi perché incriminati per cospirazione. Un altro fatto importante è che le nuove nomine sono state approvate e comunicate, per la prima volta, dalla presidenza della Repubblica e non dallo Stato maggiore della difesa, come era d’uso sinora.
Vari i commenti su questo scontro. Primo tra tutti quello di Erdogan, il quale senza menzionare i fatti ha ribadito l’impellente necessità della riforma costituzionale. Gli elementi nazionalisti e conservatori hanno considerato il gesto dei vertici militari come un “harakiri”, perché si sono consegnati così nella mani di Erdogan; mentre il giornale Taraf, che in tutti questi anni ha appoggiato le indagini contro le varie cospirazioni dei quadri militari implicati negli affari Ergenekon e Beyloz e la conseguente pulizia nelle Forze armate, lo ha considerato come un cedimento compromissorio di Erdogan. Al contrario Milliyet, espressione del vecchio establishment, ha definito i fatti come un buon inizio e ha fatto proprie le parole del presidente Gul, il quale a proposito della proroga concessa ai 14 generali sotto inchiesta ha detto: “Se non fosse concessa la proroga dei generali ai loro gradi, il nuovo capo avrebbe delle difficoltà nel proprio operato. S’è dato un buon inizio”, ha concluso Gul.
Murat Belge, espressione più alta della coscienza civile in Turchia, ha detto a questo proposito: “Non basta la nomina di un nuovo capo dello Stato della difesa in Turchia per confermare i processi democratici. La democrazia non avviene attraverso decreti ma è una conquista civile, per cui bisogna vigilare”. A proposito infine del nuovo capo di Stato maggiore della Difesa, Ozel, non c’è stato a livello giornalistico nessun commento negativo, eccetto quello di un gruppo di parlamentari tedeschi (Ulla Ozpeke, Anrej Hunko, Ingrid Remmers, Heidrun Dietriche e Harold Weinher) che in un loro comunicato accusano il nuovo capo di Stato maggiore della difesa di crimini di guerra nelle province curde nell’anno1999, quando era capo della gendarmeria .
Vedi anche
La vittoria di Erdogan sui militari
17/08/2010
17/08/2010