Elezioni: l'Afghanistan ha voglia di cambiare
Kabul (AsiaNews) Fonti di AsiaNews a Kabul affermano che alla vigilia delle prime elezioni democratiche dell'Afghanistan la popolazione è "serena", sebbene continuino a verificarsi episodi di violenze e minacce da parte di "chi ha interesse a boicottare il voto". "Il processo elettorale dicono le fonti - sta andando avanti. L'inaspettata affluenza degli afghani agli uffici di registrazione elettorale è un segno di speranza e della volontà di cambiare". Atiqulla, coordinatore delle elezioni per la provincia di Uruzgan ha dichiarato che "non saranno elezioni perfette. La gente ha paura delle intimidazioni, ma è anche convinta di non volere più i talebani, ma un nuovo governo".
La propaganda anti americana e di intimidazioni condotta dai talebani è continuata per tutto il periodo pre-elettorale e in diverse forme, con lo scopo di boicottare le elezioni di sabato prossimo. Questo fine settimana alla porta della moschea blu di Uruzgan (Afghanistan centro-sud, zona a maggioranza Pashtun e roccaforte talebana) sono stati appesi 2 volantini che dicevano: "Abbiamo dichiarato guerra agli infedeli. I cristiani invasori, guidati dagli Usa, vogliono conquistare i musulmani afghani. Chiunque lavori per loro verrà ucciso". Le cosiddette "lettere notturne" sono state indirizzate anche agli afgani in Pakistan e Iran. Cartelli scritti in pushto sono stati appesi sulle pareti interne ai campi profughi. Al maggior parte incoraggiavano alla guerra santa: "Gli Usa hanno occupato il territorio dello Stato islamico dell'Afghanistan. Gli ebrei e i loro alleati uccidono i nostri bambini e disonorano le nostre donne. Stanno cercando di eliminare l'islam e le nostre istituzioni religiose. La jihad è un dovere per tutti i musulmani in questo momento, chi non ubbidirà ne risponderà ad Allah".
La violenza integralista non si limita solo alle parole. Atiqulla ha detto che dall'inizio di maggio 5 membri del suo staff sono stati uccisi e 2 feriti. Bombe e attacchi contro le postazioni per le registrazioni elettorali si sono verificati in diverse zone del paese, soprattutto al sud. A giugno, a Jalalabad, 3 donne sono morte nell'esplosione di un minibus in cui viaggiava un gruppo di operatori impegnati nelle elezioni. Non sono stati risparmiati neppure gli operatori umanitari. "Medici senza frontiere" ha lasciato il Paese a fine luglio: il 2 giugno un gruppo armato non identificato aveva ucciso 5 esponenti della sezione olandese in un agguato su una strada della provincia di Badghis. La Caritas ha deciso per motivi di sicurezza di rimpatriare molti operatori già da alcune settimane.
Al nord i "signori della guerra" rappresentano un'altra minaccia alla legittimità delle elezioni. Analisti avvertono dei possibili brogli organizzati da questi signorotti locali, che con denaro e minacce, comprano voti a favore dei loro candidati.
La speranza che queste elezioni portino a maggiori diritti e dignità è molto diffusa soprattutto tra le donne. Il numero di donne registrate per il voto e di quelle impegnate nella commissioni elettorali è segno della volontà di incidere nella vita del proprio paese, da cui sono sempre state escluse. Un rapporto di Human Rights Watch reso noto in questi giorni evidenzia, oltre alle difficoltà che ancora persistono, i miglioramenti nella vita di "milioni di donne che sono tornate a lavorare e studiare dopo la caduta dei talebani". (MA)