Elezioni in Iraq: cifre, liste, candidati (scheda)
Baghdad (AsiaNews/Agenzie) - Sono 111 i partiti che si sono presentati alle elezioni che tra quattro giorni cambieranno il volto dell'Iraq, dopo gli anni trascorsi sotto il regime di Saddam Hussein tra guerre di confine, embargo economico e occupazioni militari. I circa 14 milioni di aventi diritto al voto, più un milione di residenti all'estero che potranno esprimere la loro preferenza recandosi a votare nei seggi elettorali costituiti nelle sedi di alcuni consolati, scegliendo tra 7.785 candidati eleggeranno i 275 membri dell'Assemblea nazionale che redigerà la nuova costituzione del Paese.
Il problema, secondo gli esperti, è rappresentato dal fatto che il governo non ha avuto la possibilità di effettuare un censimento degli elettori prima del voto e quindi non si è potuto stabilire un metodo di elezione che rispecchi in modo adeguato la reale composizione etnico-religiosa del Paese. Il registro elettorale si basa sulle liste dei nominativi per la distribuzione delle razioni di cibo stilate dalle Nazioni Unite durante il periodo dell'embargo e delle sanzioni.
Per Thomas Melia, del Georgetown University's Istituite for the Study of Diplomacy, la conseguenza di un rigido sistema proporzionale di voto potrebbe provocare una reazione da parte sunnita: "se verrà eletta un'assemblea considerata non legittima dai sunniti probabilmente si avranno delle tensioni tra questa minoranza e la comunità sciita che, secondo le previsioni, dovrebbe ottenere la maggioranza dei voti visto che rappresenta circa il 60% della popolazione".
Ma i problemi non sono solo di carattere politico: la violenza non accenna a fermarsi e le ripetute minacce della guerriglia pongono in serio dubbio il regolare svolgimento delle operazioni di voto in molte aree del Paese. Il fatto che nelle zone di Baghdad, Samarra, Mosul e Ramadi, dove complessivamente vive circa il 40% della popolazione irachena, si registri un'altissima attività della guerriglia intenzionata ad ostacolare in tutti i modi le elezioni, pone una vera e propria incognita sulla reale validità del voto del prossimo 30 gennaio. Per cercare di impedire gli annunciati attacchi terroristici presso i seggi elettorali o contro i votanti, il governo ad interim iracheno e il comando delle forze militare statunitensi dispiegheranno 300,000 uomini.
I risultati del voto secondo le aspettative dovrebbero essere uniformi alla suddivisione etnico religiosa del Paese: le formazioni politiche e religiose sciite con il 60%, quelle curde con 10-15% e quelle sunnite con un 20%, che deve essere verificato nei fatti visto che molti partiti hanno annunciato il boicottaggio delle elezioni.
I principali canditati sono:
Rappresentante di una delle liste presentate dalla United Iraqi Alliance, Al-Hakim è a capo di una delle principali formazioni politico religiose sciite, che gode dell'appoggio dell'influente ayatollah Ali al-Sistani. Si presenta come capo del Consiglio per la rivoluzione islamica (SCIRI). Secondo gli analisti sarebbe molto vicino all'Iran e a favore di un governo islamico.
Attuale primo ministro del governo ad interim, sciita, si è presentato con una propria lista, l'Iraqi National Accord Party. Prima del 1975 fu membro del Baath ma in seguito cominciò a lavorare con gli Usa. Il fatto che sia stato posto a capo del governo dagli Stati uniti dopo il suo ritorno dall'esilio ha consentito agli sciiti della United Iraqi Alliance di avanzare sospetti sulla sua candidatura.
Al-Jafaari, sciita, è uno dei due vicepresidenti dell'attuale governo ad interim ed è uno dei candidati principali della United Iraqi Alliance. Si è presentato in qualità di portavoce del partito sciita Dawa che si oppose al regime di Saddam dalla fine degli anni 70. Al-JAfaari è molto vicino all'ayatollah Ali al-Sistani.
Fisico nucleare, rappresentante di spicco della United Iraqi Alliance. Al-Shahristani in passato è stato a capo della Commissione per l'energia atomica irachena, ma fu arrestato nel 1979 per essersi opposto ai progetti del regime per la costruzione di armi nucleari. Nel 1991, durante la prima guerra del Golfo, riuscì a fuggire dal carcere in seguito al bombardamento della prigione dove era detenuto.
Leader dell'Iraqi National Congress, partito creato durante il suo esilio con l'intento di ostacolare il regime di Saddam Hussein. Chalabi è uno dei rappresentanti della formazione sciita United Iraqi Alliance ed è un personaggio molto discusso a causa delle sue attività finanziarie e per le informazioni fornite agli Stati Uniti prima e durante l'intervento militare in Iraq.
Attuale presidente del governo ad interim e rappresentante della minoranza sunnita è un candidato dell'Iraqi Party. La sua lista, tra gli altri, include anche alcuni membri dell'attuale governo ad interim come i ministri della difesa e dell'industria e delle risorse minerarie.
Leader del PUK, uno dei due principali partiti della minoranza curda che hanno formato la Kurdistan Alliance per competere nelle elezioni per l'assemblea nazionale. Gli analisti sostengono che la minoranza curda che rappresenta il 10 15% della popolazione irachena si recherà in massa alle urne per preservare l'autonomia conquistata in seguito alla prima guerra del Golfo nel 1991.