20/04/2009, 00.00
INDIA
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Elezioni farsa in Orissa: gli estremisti obbligano i cristiani a votare i partiti indù

di Nirmala Carvalho
Nei villaggi del Kadhamal i sostenitori del Bjp hanno piantonato i seggi e minacciato i cristiani. Sajan George, presidente del Global Council of Indian Christians: non vi sono state violenze, “ma non si può certo parlare di elezioni pacifiche e tranquille”.
Bhubaneshwar (AsiaNews) - “Fai la croce sul loto!”. È la minaccia che i cristiani del  villaggio di Gujapanga,  nel nord del Kadhamal, si sono sentiti ripetere ai seggi elettorali il 16 aprile, all’inizio della tornata elettorale in India. Il loto è il simbolo del Bharatiya Janata Party (Bjp) e i sostenitori del partito nazionalista indù hanno sorvegliato i villaggi del distretto dell’Orissa per intimidire dalit e cristiani.
 
Sajan George, presidente del Global Council of Indian Christians (Gcii), racconta ad AsiaNews di aver ricevuto da più villaggi notizie di intimidazioni come quelle di Gujapanga: “Fuori dai seggi, gli estremisti hanno intimato ai cristiani di votare ‘il loto’ se volevano evitare serie minacce alle loro vita” e nonostante non ci siano stati incidenti “non si può certo parlare di elezioni pacifiche e tranquille”.
 
P. Ajay Singh, direttore del Jan Vikas, opera sociale della diocesi di Bubhaneswar, ha visitato alcuni seggi per “vedere di persona la situazione”. “Sono partito la mattina presto dal distretto di Gajapati per andare nel Kandhamal. Lungo la strada c’erano alberi sradicati che bloccavano le strade, nessuno in giro. Quando sono arrivato al seggio del mio villaggio ho scoperto di essere il primo che si presentava. A due ore dall’apertura erano ancora completamente vuoti. Solo dopo, quando la gente del villaggio ha sentito che c’era qualcuno era andato a votare, qualche altro si è presentato ai seggi”.
 
Vista la situazione di tensione tra la gente, P. Singh ha deciso di girare per alcuni villaggi e paesi del distretto. Racconta: “ Nei villaggi di Kattingia e Lingagada chi si è presentato a votare ha ricevuto minacce. A Nilungia, dove un cristiano tribale era stato ucciso nei mesi scorsi, la gente mi ha detto che almeno una quarantina di cristiani [fuggiti dopo le violenze dell’anno scorso ndr] non sono tornati a votare per paura di essere picchiati”. P. Singh afferma che di sfollati non rientrati nei loro villaggi per paura ce ne sono tanti: “Basta visitare Phirigada, Gunjibadi, Badabanga, Dodingia, Raikola, Chanchedi. Nella sola zona del mercato di G Udayagiri ci sono 43 famiglie [fuggite dalle loro case ndr] che vivono in condizioni pietose, ma non tornano a casa”. Stesso discorso vale per migliaia di sfollati che vivono ormai negli stati di Maharastra e Gujarat.
 
Il sacerdote cita anche il caso di alcuni cristiani di Betticola, villaggio dove gli estremisti indù vogliono costruire un tempio sulle macerie della chiesa bruciata durante i pogrom dell’agosto scorso. “Nemmeno una delle 38 famiglie del villaggio risiede nella propria casa - dice p. Singh - e a sette cristiani che si sono presentati ai seggi è stato vietato di votare perché non avevano documenti. A nulla sono servite le loro spiegazioni. Hanno ricordato agli ufficiali elettorali che le loro carte di identità e i certificati erano stati bruciati durante le violenze. Ma si sono sentiti rispondere che ‘le regole sono uguali per tutti: Niente carta d’identità, niente voto!’”.
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