Elezioni confuse, ma utili per far dimenticare la repressione
di JPG
Non si hanno ancora risultati definitivi. Ma soprattutto non si sa nulla della partecipazione e delle astensioni. In contemporanea con il voto è proseguita la repressione. I cristiani pregano per la pace e rivendicano la “lealtà” alla patria siriana, il dialogo fra cristiani e musulmani, il rifiuto di interventi stranieri.
Damasco (AsiaNews) – A pochi giorni dalle elezioni municipali, non si ha un quadro per nulla chiaro su partecipazione e risultati. Ci comprende solo che con queste elezioni, tenutesi il 12 dicembre dalle 7 alle 22, i siriani sono stati invitati dal regime a dimenticare la crisi che sta insanguinando il Paese da quindici mesi.
Stamane si disponeva solo dei risultati della provincia di Damasco-città e di quella di Sweida (nel sud del Paese), resi pubblici ieri sera alle 20. Tali risultati danno una partecipazione all’ 80%, ma non riferiscono la cifra esatta dei partecipanti. In effetti, molti giovani elettori – maggiorenni perché hanno superato i 18 anni - non si sono finora iscritti sulle liste elettorali e non hanno nemmeno chiesto la tessera di elettore.
Dieci giorni prima dello scrutinio, il presidente Bashar Al-Assad aveva promulgato un decreto che autorizzava gli elettori ad esercitare il loro diritto di voto senza presentare la tessera di elettore, usando solo il documento di identità. Ma finora non si sa qual era il numero esatto di potenziali elettori, e quale sia stata la percentuale reale di astensioni.
Il regime non ha accolto la domanda di rinvio di queste elezioni formulata dall'Assemblea del Popolo (parlamento unicamerale, tenuto totalmente al margine delle "riforme" annunciate dal governo di Damasco). Esso voleva dimostrare che "la Siria sta bene", come dice lo slogan ripetuto su migliaia e migliaia di cartelli nelle strade delle città. Sul piano politico, queste elezioni non hanno un significato preciso: le candidature erano individuali, non presentate da eventuali partiti, il Baas o altri.
Intanto, in contemporanea, continua la repressione della ribellione popolare: circa 30 morti il 12 dicembre; circa 40 il 13. Secondo l'ONU, dal 15 marzo ci sono stati più di 5mila morti, tra i quali più di 300 bambini ed adolescenti, uccisi dall'esercito e dalle altre forze di sicurezza. Secondo il governo, più di 1.100 militari ed agenti delle forze di sicurezza sono stati parimenti uccisi dai ribelli, soprattutto dal cosiddetto "Esercito siriano libero", che ha il suo quartiere generale nella città di Antiochia (oggi turca, ma siriana prima della Seconda guerra mondiale).
Solo nella giornata di ieri, ci sono stati i funerali ufficiali di 17 militari (tra cui un generale) e poliziotti. É dunque poco credibile l'affermazione del capo dello Stato, che nella recente intervista alla tivu Usa "ABCNews", ha detto che ci sono più morti tra quelli che sono con il regime che tra quelli che sono contrari.
Il 12 dicembre, lo stesso giorno delle elezioni, la "blogwoman" Razan Ghazzawi, 31 anni, nata negli Stati Uniti, arrestata il 4 dicembre al confine con Giordania (si recava ad un congresso sulla libertà di informazione in Amman), è stata ufficialmente accusata di incitazione alla lotta interconfessionale, di diffusione di informazioni false e di attacchi contro il sentimento nazionale, perché il suo "blog" offriva documentazione sulle violazioni dei diritti umani nel Paese.
Intanto, ieri sera, nella cattedrale patriarcale dei Greco-melkiti cattolici, a Damasco, ê stata celebrata una funzione ecumenica "natalizia e patriottica", per invocare la pace civile in Siria. Ad essa hanno partecipato i rappresentanti delle diverse Chiese cattoliche ed ortodosse presenti nel Paese. Nella sua allocuzione, Gregorios III, patriarca greco-melkita cattolico, ha rivendicato la "lealtà' alla patria siriana di tutte le Chiese cristiane, e la loro unanime volontà di operare a favore dell'unità nazionale e della convivialità tra cittadini cristiani e musulmani, con il rifiuto di ogni intervento straniero per risolvere la crisi attuale.
Stamane si disponeva solo dei risultati della provincia di Damasco-città e di quella di Sweida (nel sud del Paese), resi pubblici ieri sera alle 20. Tali risultati danno una partecipazione all’ 80%, ma non riferiscono la cifra esatta dei partecipanti. In effetti, molti giovani elettori – maggiorenni perché hanno superato i 18 anni - non si sono finora iscritti sulle liste elettorali e non hanno nemmeno chiesto la tessera di elettore.
Dieci giorni prima dello scrutinio, il presidente Bashar Al-Assad aveva promulgato un decreto che autorizzava gli elettori ad esercitare il loro diritto di voto senza presentare la tessera di elettore, usando solo il documento di identità. Ma finora non si sa qual era il numero esatto di potenziali elettori, e quale sia stata la percentuale reale di astensioni.
Il regime non ha accolto la domanda di rinvio di queste elezioni formulata dall'Assemblea del Popolo (parlamento unicamerale, tenuto totalmente al margine delle "riforme" annunciate dal governo di Damasco). Esso voleva dimostrare che "la Siria sta bene", come dice lo slogan ripetuto su migliaia e migliaia di cartelli nelle strade delle città. Sul piano politico, queste elezioni non hanno un significato preciso: le candidature erano individuali, non presentate da eventuali partiti, il Baas o altri.
Intanto, in contemporanea, continua la repressione della ribellione popolare: circa 30 morti il 12 dicembre; circa 40 il 13. Secondo l'ONU, dal 15 marzo ci sono stati più di 5mila morti, tra i quali più di 300 bambini ed adolescenti, uccisi dall'esercito e dalle altre forze di sicurezza. Secondo il governo, più di 1.100 militari ed agenti delle forze di sicurezza sono stati parimenti uccisi dai ribelli, soprattutto dal cosiddetto "Esercito siriano libero", che ha il suo quartiere generale nella città di Antiochia (oggi turca, ma siriana prima della Seconda guerra mondiale).
Solo nella giornata di ieri, ci sono stati i funerali ufficiali di 17 militari (tra cui un generale) e poliziotti. É dunque poco credibile l'affermazione del capo dello Stato, che nella recente intervista alla tivu Usa "ABCNews", ha detto che ci sono più morti tra quelli che sono con il regime che tra quelli che sono contrari.
Il 12 dicembre, lo stesso giorno delle elezioni, la "blogwoman" Razan Ghazzawi, 31 anni, nata negli Stati Uniti, arrestata il 4 dicembre al confine con Giordania (si recava ad un congresso sulla libertà di informazione in Amman), è stata ufficialmente accusata di incitazione alla lotta interconfessionale, di diffusione di informazioni false e di attacchi contro il sentimento nazionale, perché il suo "blog" offriva documentazione sulle violazioni dei diritti umani nel Paese.
Intanto, ieri sera, nella cattedrale patriarcale dei Greco-melkiti cattolici, a Damasco, ê stata celebrata una funzione ecumenica "natalizia e patriottica", per invocare la pace civile in Siria. Ad essa hanno partecipato i rappresentanti delle diverse Chiese cattoliche ed ortodosse presenti nel Paese. Nella sua allocuzione, Gregorios III, patriarca greco-melkita cattolico, ha rivendicato la "lealtà' alla patria siriana di tutte le Chiese cristiane, e la loro unanime volontà di operare a favore dell'unità nazionale e della convivialità tra cittadini cristiani e musulmani, con il rifiuto di ogni intervento straniero per risolvere la crisi attuale.
Vedi anche
Papa: la messa col patriarca Youssef, per ‘un popolo crocifisso’
13/02/2018 11:54
13/02/2018 11:54