Egitto: Rischi di una guerra civile per gli scontri fra sunniti e sciiti
Il Cairo (AsiaNews) - Il conflitto fra sunniti e sciiti colpisce anche l'Egitto, dopo aver devastato in questi anni l'Iraq e la Siria. I fatti di Abu Mussalam, nel distretto di Giza (il Cairo), dove lo scorso 23 giugno cinque sciiti sono stati linciati da una folla di 3mila persone hanno aperto un nuovo fronte di conflitto religioso nell'Egitto governato dai Fratelli Musulmani. Ieri la polizia ha arrestato otto persone responsabili del massacro incastrate da un video apparso su internet. Tuttavia i residenti fanno notare che ben 3mila islamisti si sono scagliati contro 24 persone, con l'intento di uccidere.
Secondo p. Rafic Greiche, portavoce della Chiesa cattolica egiziana, "la persecuzione degli sciiti è un fatto nuovo in Egitto. Negli anni recenti il Paese non ha mai assistito a questo tipo di violenze settarie fra musulmani. Finora solo la minoranza cristiana aveva subito questo tipo di attacchi". Il sacerdote invita a non sottovalutare il problema, che potrebbe condurre il più grande Paese arabo (80 milioni di abitanti) all'interno di un conflitto molto più ampio, che sta già devastando Siria, Iraq e Libano, con grave rischio anche per i cristiani. "Il linciaggio - afferma - è avvenuto due giorni dopo un grande comizio dei salafiti, a cui ha partecipato anche il presidente Morsi. Durante l'evento diversi imam radicali hanno invitato i musulmani sunniti ad attaccare gli sciiti perché eretici e immorali. Morsi ha assistito a queste pericolose invettive in silenzio".
"Gli sciiti in Egitto sono molto numerosi - spiega p. Greiche - ma non vi sono censimenti attendibili. Alcuni parlano di 800mila membri, altri di diversi milioni". A preoccupare ormai tutta la società egiziana non sono le cifre, ma l'inizio di uno scontro fra ideologie islamiste. Nel Paese è ormai noto che l'ascesa politica dei Fratelli Musulmani si deve soprattutto ai finanziamenti del Qatar e dell'Arabia Saudita, che sostengono gli islamisti sunniti in tutto il Medio Oriente e opprimono nei loro Paesi le minoranze sciite. Da tempo però anche l'Iran sta cercando di trovare consensi in Egitto, utilizzando la strategia già sperimentata in Yemen, Bahrain, Siria, Libano, finanziando le comunità sciite contro i governi sunniti.
Nei giorni scorsi Ahmed al-Tayeb grande imam di al-Azhar ha condannato il linciaggio di Giza definendolo "contrario all'islam". Anche l'ufficio di Mohamed Morsi ha criticato il fatto, senza condannare in modo netto le prediche anti-sciite. Nel testo si denunciano le violenze, ma non viene mai menzionato il termine "sciita". L'attacco del 23 giugno è stato fomentato anche dal partito al-Nour, il braccio politico del movimento salafita che detiene circa il 20% dei seggi parlamentari. Sui media stranieri essi hanno criticato la posizione degli altri partiti islamisti, ma nei quartieri poveri del Cairo e nei distretti rurali del Paese hanno distribuito volantini dove si invitava la popolazione a denunciare la presenza di sciiti e a cacciare i cristiani.
La posizione ambigua delle autorità, spesso conniventi con gli imam radicali, aumenta il rischio di attacchi contro cristiani e tutti coloro che non sono in linea con l'islam estremista proposto dall'establishment politico. (S.C.)