Egitto, la legge sugli edifici di culto è oscura. I dubbi delle comunità cristiane
La bozza prevede che gli edifici religiosi debbano distare almeno 1 km da altri già esistenti, ma non spiega se moschee o chiese. Contestati anche il limite minimo di grandezza pari a 1000 mq e la gestione delle autorizzazioni data in mano ai governatori regionali.
Il Cairo (AsiaNews) – La nuova legge per la regolamentazione dei nuovi edifici religiosi proposta dal Consiglio delle forze armate egiziano è confusa e non convince i rappresentanti delle minoranze cristiane, che in questi giorni hanno chiesto chiarimenti alle autorità.
P. Rafic Greiche, portavoce della Chiesa cattolica egiziana, spiega che nella legge vi sono diverse incongruenze e almeno tre punti dell’attuale bozza devono essere riesaminati. “Per prima cosa – afferma il sacerdote – occorre notare che questo disegno legifera per la prima volta anche la costruzione di moschee e non fa distinzioni fra islam e minoranze. Secondo il progetto i nuovi edifici religiosi devono distare almeno 1 km da costruzioni già esistenti. Tuttavia nella bozza non è specificato se tale regolamento riguarda gli edifici di una stessa religione, ad esempio chiesa copta, protestante o cattolica, oppure fra religioni differenti, ad esempio islam e cristianesimo”.
Il secondo punto contestato riguarda le dimensioni minime di un edificio, che deve essere di almeno 1000 mq. “Trovare le risorse per un edificio di questa grandezza – spiega p. Greiche – è molto difficile e in molti casi praticamente impossibile. Nell’alto Egitto dove le comunità cristiane sono molto piccole e sparse nei villaggi una chiesa di queste dimensioni non serve. Gli edifici già presenti non superano i 200 mq. Inoltre, soprattutto in città, è difficile trovare terreni liberi così estesi”.
Il terzo punto riguarda invece l’autorizzazione alla costruzione degli edifici di culto, che per i cristiani passa dal presidente della repubblica ai governatori regionali. “Lo Stato – sottolinea p. Greiche – lascia alle autorità regionali la facoltà di dare in ultima istanza il benestare per chiese e moschee. Tuttavia nel disegno non è previsto alcun criterio per autorizzare o meno l’uno o l’altro edificio religioso”.
Secondo il sacerdote il rischio è una applicazione arbitraria della legge a scapito delle minoranze.
Proposta lo scorso 2 giugno, la legge è considerata il primo frutto della rivoluzione dei gelsomini e del nuovo Egitto del dopo Mubarak. Essa nasce con l’intento di eliminare le assurde regole burocratiche, che per decenni hanno impedito ai cristiani di costruire nuove chiese, fra tutte l’obbligo di chiedere l’autorizzazione al presidente della repubblica o al primo Ministro. Durante il governo Mubarak i progetti venivano spesso bloccati dalle comunità musulmane, nonostante l’autorizzazione delle alte cariche dello Stato. In molti casi gli edifici venivano rasi al suolo da gruppi radicali islamici oppure per vendette famigliari, utilizzando come pretesto la poca sicurezza o l’utilizzo di materiali scadenti per costruire l’edificio, costringendo le minoranze a ricominciare dall’inizio l’iter di approvazione. (S.C.)
P. Rafic Greiche, portavoce della Chiesa cattolica egiziana, spiega che nella legge vi sono diverse incongruenze e almeno tre punti dell’attuale bozza devono essere riesaminati. “Per prima cosa – afferma il sacerdote – occorre notare che questo disegno legifera per la prima volta anche la costruzione di moschee e non fa distinzioni fra islam e minoranze. Secondo il progetto i nuovi edifici religiosi devono distare almeno 1 km da costruzioni già esistenti. Tuttavia nella bozza non è specificato se tale regolamento riguarda gli edifici di una stessa religione, ad esempio chiesa copta, protestante o cattolica, oppure fra religioni differenti, ad esempio islam e cristianesimo”.
Il secondo punto contestato riguarda le dimensioni minime di un edificio, che deve essere di almeno 1000 mq. “Trovare le risorse per un edificio di questa grandezza – spiega p. Greiche – è molto difficile e in molti casi praticamente impossibile. Nell’alto Egitto dove le comunità cristiane sono molto piccole e sparse nei villaggi una chiesa di queste dimensioni non serve. Gli edifici già presenti non superano i 200 mq. Inoltre, soprattutto in città, è difficile trovare terreni liberi così estesi”.
Il terzo punto riguarda invece l’autorizzazione alla costruzione degli edifici di culto, che per i cristiani passa dal presidente della repubblica ai governatori regionali. “Lo Stato – sottolinea p. Greiche – lascia alle autorità regionali la facoltà di dare in ultima istanza il benestare per chiese e moschee. Tuttavia nel disegno non è previsto alcun criterio per autorizzare o meno l’uno o l’altro edificio religioso”.
Secondo il sacerdote il rischio è una applicazione arbitraria della legge a scapito delle minoranze.
Proposta lo scorso 2 giugno, la legge è considerata il primo frutto della rivoluzione dei gelsomini e del nuovo Egitto del dopo Mubarak. Essa nasce con l’intento di eliminare le assurde regole burocratiche, che per decenni hanno impedito ai cristiani di costruire nuove chiese, fra tutte l’obbligo di chiedere l’autorizzazione al presidente della repubblica o al primo Ministro. Durante il governo Mubarak i progetti venivano spesso bloccati dalle comunità musulmane, nonostante l’autorizzazione delle alte cariche dello Stato. In molti casi gli edifici venivano rasi al suolo da gruppi radicali islamici oppure per vendette famigliari, utilizzando come pretesto la poca sicurezza o l’utilizzo di materiali scadenti per costruire l’edificio, costringendo le minoranze a ricominciare dall’inizio l’iter di approvazione. (S.C.)
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