Egitto, anche le campagne contro Mohamed Morsi: il presidente vive "in un altro pianeta"
Il Cairo (AsiaNews) - Il movimento "Tamarod" (ribellione in arabo) conosciuto nel mondo come "The Rebel" si prepara alla sua discesa in campo per il 30 giugno, giorno fissato per la consegna delle 15 milioni di firme raccolte in tutto il Paese per sfiduciare il presidente islamista Mohamed Morsi. Oggi, gli islamisti hanno organizzato le prime manifestazioni in favore del capo di Stato, scontrandosi con proteste di segno contrario. A nord del Cairo il bilancio è già di due morti e oltre 200 feriti.
Intervistato da AsiaNews, Mina Magdy, portavoce della Maspero Youth Union, associazione per i diritti umani islamo-cristiana fra le principali promotrici dell'iniziativa "The Rebel", racconta la situazione dell'Egitto passato in meno di un anno dal sostenere i Fratelli Musulmani a fare di tutto per sfiduciarli.
"Il nostro movimento - racconta - è un nuovo modo per far sentire la voce della popolazione, soprattutto di coloro che vivono in zone dove il tasso di analfabetismo è superiore al 50% e dove si vive con pochi dollari al giorno". Nato ai primi di maggio, Tamarod ha riunito tutti le organizzazioni e i protagonisti della Rivoluzione dei Gelsomini. Invece di scendere ancora in piazza Tahrir, essi hanno scelto di visitare ogni angolo del Paese per chiedere alla gente la loro opinione sull'attuale governo. "In modo inaspettato - sottolinea - gli egiziani hanno accolto con stima e stupore la nostra iniziativa". Mina spiega che da quando i Fratelli Musulmani sono saliti al potere, le regioni rurali sono diventate ancora più povere.
L'Alto Egitto, i quartieri periferici del Cairo, erano roccaforti islamiste. "Quando abbiamo visitato i villaggi nel sud del Paese - racconta il giovane - gli abitanti hanno fatto festa. Dopo le elezioni nessuno si era più interessato a loro. Essi avevano votato i Fratelli Musulmani non solo per una questione religiosa, ma soprattutto per le promesse di sviluppo, di lotta alla povertà. Purtroppo nulla di tutto ciò è avvenuto. È proprio grazie a loro che abbiamo raggiunto la cifra record di 15 milioni di firme contro il presidente Morsi". Secondo il ragazzo, laureando in giurisprudenza, il governo ha fallito proprio perché ha mentito ai suoi principali elettori. Le politiche economiche del regime hanno aumentato i furti d'auto, la disoccupazione è salita alle stelle, per non parlare del costo del carburante, a ciò si aggiunge l'assenza quasi totale di politiche sociali adeguate.
Per calmare le tensioni di queste settimane, ieri il presidente Morsi ha parlato alla nazione. In un discorso di quasi tre ore il leader del Partito Giustizia e Libertà ha tentato di spiegare la situazione del Paese, sottolineando che chi è a favore della democrazia è con lui. Egli si è detto disposto ad ammettere i suoi errori, promettendo immediate e radicali riforme. Tuttavia, la maggior parte delle sue dichiarazioni hanno puntato il dito contro gli uomini dell'ex regime, responsabili di un fantomatico complotto, e contro i partiti dell'opposizione che rifiutano il dialogo con il governo, plagiando la popolazione con i loro slogan. Il leader non ha fatto alcun riferimento alla drammatica situazione economica, alla crescita dell'estremismo religioso, agli attacchi contro la minoranza cristiana e sciita.
Mina Magdy racconta che la popolazione ha affollato ristoranti e caffè per assistere al lungo resoconto presidenziale: "La gente ha ascoltato in silenzio le sue parole. Tuttavia dopo qualche ora, molte persone commentavano che Morsi vive su un altro pianeta. Quello descritto nel suo discorso non era l'Egitto, ma un altro Paese". Il giovane sottolinea che tutti, compresi i sostenitori dei Fratelli Musulmani, sono testimoni della crisi del Paese, "quindi è inutile mentire sui fatti o divagare su un improbabile complotto degli ex uomini di Mubarak. Egli ha dichiarato che tutto l'Egitto lo sostiene e che solo una piccola percentuale è contro di lui, ma nel 2012 ci sono state oltre 9mila manifestazioni di dissenso contro i Fratelli Musulmani".
I dati del Failed States Index, pubblicato dalla ong statunitense Fund for Peace, del ministero degli Interni egiziano, mostrano un quadro allarmante. In un anno gli omicidi sono aumentati del 130%, i casi di furto del 350%, i rapimenti a sfondo di estorsione del 145%, il tasso medio di disoccupazione è passato dal 10% nel biennio 2009 - 2011 a oltre il 14% nel periodo successivo. A ciò si aggiunge una svalutazione media della sterlina egiziana del 12% e l'accordo ancora in sospeso con il Fondo monetario internazionale per circa 4 miliardi di dollari in aiuti economici.
Per Mina Magdy il 30 giugno sarà una delle date storiche per il Paese: "Forse ci saranno scontri, ma non cederemo alle provocazioni. Crediamo che la pace sia più forte della violenza verbale e fisica degli islamisti".
Le manifestazioni dei prossimi giorni hanno messo in allerta l'esercito. Da ieri diversi blindati sono stati piazzati nei luoghi più caldi del Cairo: piazza Tahrir, il palazzo presidenziale, il ministero della Giustizia. Secondo i media egiziani il clima "è rovente". In un'intervista al quotidiano Ahram, Khaled Saeed, portavoce del Fronte Salafita ha affermato "che se saremo attaccati ci proteggeremo. Non permetteremo che il nostro presidente venga delegittimato. Faremo di tutto per fermare il caos che colpisce il Paese e difendere le istituzioni". (S.C.)