Ecumenismo in Russia: paura del dialogo, cristiani forti contro deboli
Nel Paese c’è molto timore e autocensura; la “pace” fra le confessioni è garantita dal Cremlino. I “cristiani forti” predicano principi morali, ma sono lontani dai “deboli”, dai “bassi livelli” della popolazione. L’intervista a un discepolo di p. Alexandr Men a conclusione della Settimana per l’unità dei cristiani.
Mosca (AsiaNews) - Padre Jakov Krotov, 63 anni, è un noto storico e pubblicista russo, cresciuto alla scuola “ecumenica” di padre Aleksandr Men ai tempi sovietici. Dopo la morte di Men, è divenuto sacerdote ortodosso servendo nelle giurisdizioni più vicine ai cattolici (Chiesa Apostolica ortodossa, ora nella nuova Chiesa Autocefala Ucraina), rimanendo a Mosca, ispiratore di una grande comunità di ortodossi impegnati nel dialogo e nella cultura. Rispondendo alle domande per AsiaNews, alla fine della Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani, esprime la sua amarezza per la difficoltà attuali del cammino ecumenico nel suo Paese.
Padre Jakov, a parte le trattative e i contatti ufficiali tra le Chiese, esiste nella Russia di oggi un’esperienza di incontro e dialogo tra i cristiani di varie confessioni?
La pratica del dialogo nella Russia di oggi è decisamente limitata. Mancano spazi dove sia possibile incontrarsi e discutere. Domina un’atmosfera di timore e di auto-censura, nella quale è possibile parlarsi apertamente solo in modo teorico. Nella pratica non ci sono garanzie che questo non venga ritenuto una forma di “estremismo”. Si è prodotta una nuova forma di “incapsulazione”, in cui tutti sono chiusi in sé stessi. E come poteva essere altrimenti? L’attuale regime si è affermato prima espellendo diversi cattolici, poi arrestando i Testimoni di Geova e anche gli ortodossi che non si sottomettono al patriarcato di Mosca. Una volta all’anno, solo all’interno delle chiese cattoliche russe si celebra a porte chiuse un rito di abbraccio ecumenico, al quale nessuno rivolge particolari attenzioni. Questo non può neanche chiamarsi ecumenismo: è l’adempimento del volere del Cremlino, che ha comandato a tutti di vivere in pace gli uni con gli altri, come avveniva negli anni dal 1943 al 1990, da quando Stalin rimise in piedi le strutture della Chiesa ortodossa fino alla fine del comunismo. Ci sono contatti limitati tra gli ortodossi “liberali” – cioè quelli che almeno non sono antisemiti – e i cattolici romani, ma questi si riducono a canti e danze (letteralmente, cercano di danzare come Davide davanti all’arca, ma a causa delle articolazioni rattrappite, questo non riesce molto bene). Rimangono le discussioni su internet, ma anche queste negli ultimi anni si sono assopite, perché in pratica non conducono a nulla, e non sono discussioni tra teologi, ma risse tra neofiti e fanatici.
Nella sua esperienza di credente e di sacerdote, cos’è il confronto tra le tradizioni cristiane dell’Oriente e dell’Occidente?
Nella mia esperienza, il confine non passa attraverso le confessioni. Vladimir Solov’ev parlava di “Russia di Cristo” e “Russia di Serse”, il Re dei Re degli uomini; esiste anche un cattolicesimo di Cristo e un cattolicesimo di Serse, un’ortodossia di Cristo e un’ortodossia di Serse. Il cristianesimo dei deboli, rispetto a quello dei forti. I secondi, come sempre, sono indifferenti nei confronti dei primi, il sazio non comprende l’affamato. Sono molto pochi i forti che sanno essere deboli di spirito, e avere compassione dei deboli. Sono molti di più i deboli che cercano di mettersi insieme ai forti. Così si forma l’unione tra combattenti cattolici, protestanti e ortodossi contro le debolezze altrui, la “dissolutezza”, il “consumismo” ecc. La caratteristica della Russia sta proprio in questa cricca di potenti che domina da molti secoli, e penetra in tutti gli aspetti della vita. Nel tempo di Putin la situazione è peggiorata, a causa dell’enorme flusso di petrodollari che ha permesso a molta gente di vivere in modo abbastanza agiato (lavorando male e in modo pigro), usando il benessere per dominare le persone intorno. L’Occidente preferisce con delicatezza far finta che sia tutta colpa di Putin. Gli amministratori ecclesiastici di vario livello trovano più facilmente un linguaggio comune con i loro pari nella condizione sociale, piuttosto che con i “bassi livelli” della popolazione. A me personalmente sembra più interessante l’esperienza americana, l’esperienza di cristiani (di tutte le confessioni) che lottano contro ogni forma di violenza, e non lottano per “impedire con le leggi”, ma semplicemente per “smettere di usare violenza”. In Russia non abbiamo un’esperienza di questo tipo.
Dopo 30 anni di rinascita religiosa, la Russia è davvero un Paese religioso?
La Russia è diventata un Paese più religioso, ma meno credente. Fino al 1990 i credenti erano pochissimi, ma almeno in essi si vedevano dei custodi degli ideali di libertà, amore fraterno, cultura. Ora i credenti sono molto pochi come prima, ma sono considerati dei degenerati, degli ipocriti, dei malversatori e dei fanatici privi di cultura. Come prima del 1990 nel Paese non esistevano né socialisti, né marxisti, ma c’era una massa di istituti statali e università che studiavano Marx, così oggi, a fronte di un gruppetto di credenti, esistono decine di migliaia di persone che vivono con i soldi dello Stato come propagandisti della religione – anzitutto quella ortodossa – vista come fondamento del patriottismo e del servizio militare, e come garanzia dell’ordine sociale. La Chiesa è finanziata direttamente dallo Stato, e ancora di più dagli uomini d’affari, che in questo modo esprimono la loro lealtà allo Stato, e la loro fiducia nella Chiesa come briglia della plebe. Come diceva Voltaire: se il mio cameriere frequenta la Messa, io dormo più tranquillo.
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