Ebrei e cattolici contro la società secolare, nichilista e barbarica
di Joshua Lapide
Santa Sede (Commissione per il rapporto con gli ebrei) e Rabbinato d’Israele affermano l’urgenza di una testimonianza comune sulla presenza di Dio nel mondo e nell’uomo. La società secolare, separata dal suo fondamento religioso, ha prodotto il mondo contemporaneo, “privo di un senso di appartenenza, di significato e di scopo”. La speranza di vedere presto risolti i negoziati fra Santa Sede e Stato d’Israele. Palestinesi cattolici sperano in un maggior sostegno sui loro diritti.
Gerusalemme (AsiaNews) – Ebrei e cattolici devono testimoniare “la Divina Presenza nel nostro mondo” e “la Divina Immagine in ogni essere umano” per correggere la sfasatura irreligiosa del secolarismo contemporaneo, che scivola verso il nichilismo e la barbarie, assolutizzando i diritti dell’individuo e dimenticando “il bene comune”.
È quanto affermano i rappresentanti della Santa Sede e del Gran Rabbinato di Israele in una dichiarazione comune pubblicata oggi. Diffusa dalla Sala stampa vaticana, essa riassume i contenuti dell’incontro tenutosi a Gerusalemme dal 29 al 31 marzo fra le due delegazioni guidate rispettivamente dal card. Jorge Mejia e dal Rabbino capo Shear Yashuv Cohen.
Le due delegazioni (che costituiscono la Commissione bilaterale) sono al loro 10mo incontro nell’affrontare “le sfide della fede e dell’autorità religiosa nella società secolare”. Nella dichiarazione essi manifestano che la “società secolare”, pur fra qualche “beneficio”, ha generato una “crisi morale”. E ciò a causa di “rapido avanzamento tecnologico, consumismo rampante, un’ideologia nichilista con un accento esagerato sull’individuo a spese della comunità e del bene comune”. Pur non dimenticando alcuni valori positivi di emancipazione, “il secolo scorso – si afferma – ha testimoniato una violenza e barbarie mai viste. Il nostro mondo moderno è sostanzialmente privo di un senso di appartenenza, di significato e di scopo”.
Se la società secolare vuole mantenere i valori che ha prodotto (un largo impegno della società; i diritti civili degli individui), essa deve radicarli in una “più grande cornice antropologica e spirituale, che tenga conto del ‘bene comune’ che trova la sua espressione nella fondazione religiosa dei doveri morali”, che servono a “sostenere e garantire i diritti umani”.
Le due delegazioni confessano i “fallimenti passati nell’essere veri testimoni” e ribadiscono l’importanza per i leader religiosi e per i fedeli di “offrire speranza e guida morale”, che deriva dalla “coscienza della Divina Presenza [nel mondo] e della Divina Immagine in ogni essere umano”.
Gli strumenti per potenziare questa testimonianza sono la preghiera e la lettura della Parola di Dio.
Tale testimonianza va vissuta “nell’educazione, puntando sui giovani e su un impegno efficace dei media”; nel fondare e operare in “strutture di carità curando in special modo i deboli, i malati e gli emarginati”; nell’impegno per la giustizia e la pace, anche nell’incontro fra leader religiosi e istituzioni civili.
A questo proposito, la Commissione bilaterale ha “espresso la speranza che i temi fondamentali nei negoziati fra Santa Sede e lo Stato di Israele siano risolti presto e che vengano ratificati celermente gli accordi bilaterali, a beneficio delle due comunità”.
Per i cattolici in Israele questa ultima affermazione è certo la più importante. Ambienti cattolici a Gerusalemme confermano ad AsiaNews che proprio questa parte della dichiarazione ha per loro una priorità assoluta. Altri cattolici, di origine palestinese, vedono con interesse la sottolineatura sulla difesa dei diritti umani, la giustizia e la pace. Essi sperano che da parte del Rabbinato questo preluda a un maggior sostegno nella tutela dei loro diritti, soprattutto nei Territori occupati, di fronte all’esproprio dei terreni e all’occupazione delle terre da parte di coloni israeliani.
Vedi anche