Ebrei di Shanghai: liberi negli affari, ma senza sinagoga
Shanghai (AsiaNews) Il vice-presidente israeliano Ehud Olmert si recherà presto in visita in Cina con una delegazione di 80 uomini d'affari, la più numerosa dalla seconda guerra mondiale.
Un recente articolo di Mark O'Neill sul South China Morning Post, prestigioso quotidiano di Hong Kong, dedica un servizio alla storia della comunità ebraica a Shanghai. Attualmente, nella metropoli cinese vi sono circa 500 ebrei, compresi 150 israeliani. La maggior parte lavora per compagnie chimiche, di alta tecnologia, telecomunicazioni, software, trasporto. È presente anche un rabbino, ma il governo cinese non permette la riapertura della sinogoga, fatta chiudere dopo l'avvento dei comunisti nel 1949, perché il giudaismo non fa parte delle cinque religioni riconosciute. Dopo il '49, la situazione degli ebrei di Shanghai è degenerata: Pechino ha iniziato ad appoggiare i palestinesi e ha interrotto le relazioni diplomatiche con Israele, ristabilite solo nel 1992. Attualmente, alcune famiglie di ebrei chiedono al governo cinese la restituzione delle proprietà confiscate in passato, ma nessuno ha avuto finora una risposta positiva.
"Agli ebrei piace Shanghai perché è un ottimo posto per fare affari, è sicura e non c'è antisemitismo", ha detto Dvir Bar-Gal, giornalista e regista ebreo che vive nella ricca metropoli.
La presenza degli ebrei a Shanghai risale alla seconda metà del 1800. In totale, gli immigrati ebrei nella città sono stati più di 30mila, di cui circa 20mila provenienti dall'Europa durante la seconda guerra mondiale. Il 95% è arrivato a Shanghai per sfuggire alla persecuzione nazista, facilitati dal fatto che non c'era bisogno di un visto d'ingresso. Molti si sono stabiliti nel distretto di Hangkou, costruendo scuole, negozi e sinagoghe. Nella primavera del 1943, le autorità giapponesi che occupavano Shanghai hanno creato un ghetto ad Hangkou per i rifugiati senza passaporto, facendovi trasferire a forza 8mila ebrei, che si unirono così ai 100mila residenti cinesi. Ma i giapponesi non hanno attuato la brutale persecuzione che i tedeschi hanno perpetrato in Europa contro gli ebrei: "hanno tentato piuttosto di sfruttarne la l'immensa ricchezza e il potere", ha detto l'esperto David Kranzler.
La comunità ebraica a Shanghai ha vissuto 3 ondate di immigrazione.
Il primo gruppo dei cosiddetti "sephardim" - è arrivato nel 1844, soprattutto da Baghdad, Spagna, Portogallo e India. Fino al 1920 erano circa 700 persone, in gran parte molto ricche. Tra loro, le famiglie Sassoon, Hardoun e Kadoorie, che hanno visto i loro affari crescere in maniera vertiginosa in brevissimo tempo. Elias David Sassoon è entrato a Shanghai nel 1844. Nel 1918, Victor Sassoon ha preso le redini degli affari di famiglia e ha aperto più di 30 compagnie, diventando il più grande costruttore di Shanghai. Molti dei suoi edifici sopravvivono ancora oggi: l'Heping Hotel (il famoso Peace Hotel) e il Jinjiang Hotel. Silas Aaron Hardoon era un impiegato dei Sassoon. Nel 1911, ha fondato una sua azienda immobiliare. Quando è morto, nel 1931, il suo patrimonio ammontava a 150 milioni di dollari, soprattutto grazie alle proprietà sulla Nanjing Road, il più importante centro commerciale della città. Anche Elly Kadoorie lavorava inizialmente per i Sassoon, ma in seguito la famiglia fondò la Shanghai Gas Company. Il secondo gruppo era costituito soprattutto da ebrei russi, trasferitisi prima ad Harbin (Cina settentrionale) per sfuggire alla persecuzione in Russia, poi a Shanghai, dopo il rapimento del figlio di un ricco uomo d'affari ebreo. Fino al 1939, gli ebrei russi a Shanghai erano circa 5mila, in gran parte meno ricchi dei sephardim e impiegati in ristoranti, caffè, panifici, negozi, librerie. Il terzo gruppo i cosiddetti "ashkenasim" provenivano da Germania, Austria, Polonia e altri paesi europei, fuggendo dalla furia nazista tra il 1933 e il 1941. Tra i primi 20mila che arrivarono a Shanghai, migliaia avevano un alto livello d'istruzione e sono diventati medici, professori, musicisti. Molti abitavano intorno alla Xiafei Street (oggi Huaihai Street), dove c'era una concessione francese. (MR)