Dopo lo tsunami, reni in vendita per pagare i debiti
Mumbai (AsiaNews/Agenzie) – Vendita di organi per fronteggiare i debiti, commercio illegale, povertà, corruzione: questo è il triste scenario in cui versa l’India del dopo tsunami. I sostenitori della salute dell’India stimano che ogni anno vengono trapiantati 4.500 reni, di questi circa i 2/3 hanno una provenienza illegale: per ripagare i prestiti le persone più povere finiscono nel giro dei trafficanti di organi.
Il trapianto di reni è illegale in India a meno che non si tratti di donazioni fatte da familiari, per questo motivo i trafficanti di organi fanno passare il donatore come parente del paziente.
Il commercio illegale ha costretto il governo federale indiano a introdurre, nel 1994, la legge sul trapianto di organi umani (Thoa) per controllare i trapianti di tutti gli organi. Per favorire l’attuazione della legge, tutti gli Stati hanno istituito delle commissioni per l’autorizzazione dei trapianti (Tac). Senza l’approvazione della commissione nessun parente o altra persona può donare un rene. Ma l’incremento dei trapianti di reni illegali verificatosi a Chennai negli ultimi dieci anni ha sottolineato il fallimento delle commissioni e della legge.
Palanisamy Muthupandian, capo esecutivo della Ong di Chennai "Società per l’educazione alla salute della comunità" (Ches), ha detto che “Negli ultimi 13 anni nel Tamil Nadu sono stati donati 8mila reni e almeno il 65% provengono da donatori molto poveri che non hanno legami familiari con i pazienti e che vendono i loro reni perché hanno un bisogno disperato di denaro”. “Nel momento in cui i trafficanti – aggiunge Palanisamy Muthupandian – hanno visto che nel Tamil Nadu la commissione riusciva a bloccare le donazioni, in quanto non credeva che i donatori avessero dei legami di parentela con i pazienti, hanno cominciato a falsificare i documenti dei donatori”.
Una madre di 27 anni mentre spazza il pavimento del suo decadente e fangoso negozio nei bassifondi di Chennai racconta “Non è cambiato nulla, lotto ancora per sopravvivere come facevo prima di vendere il mio rene. Non posso permettermi neppure l’autobus. Ogni giorno percorro a piedi 8 km per venire al mio negozio”. Quella di Revathy è una delle tante storie di disperazione e miseria: l’abbandono del marito, la casa distrutta dallo tsunami del 2004. Dal governo la donna e i suoi due figli hanno ottenuto una baracca e un piccolo aiuto economico. Presto però Revathy si è ritrovata nella miseria e ha dovuto cominciare a chiedere prestiti.
E proprio in questo momento di difficoltà Ravathy ha conosciuto una donna - di nome Shanthi - che viveva vicino a lei. Shanthi si occupava del traffico di reni e convinse Ravathy a venderne uno. La stessa Shanthi fece così, qualche anno prima, per coprire le spese del matrimonio della figlia e disse a Revathy “Con il 75% del denaro pagherai i tuoi debiti e con il resto potrai aprire un piccolo negozio. In questo modo salverai la tua famiglia dalla fame e dalla morte”. Così lo scorso giugno, nell’ospedale Kaliappa di Chennai, Revathy si è fatta operare e ha venduto il suo rene a un uomo di 47 anni di Chennai afflitto da una malattia inguaribile. Poiché non era una parente, la foto della carta d’identità di una cugina del paziente è stata sostituita con quella di Revathy. Per il suo rene la donna ha ricevuto 50mile rupie.
Quando il caso di Revathy è stato segnalato alle autorità, i sanitari hanno scoperto, nel villaggio di Ernavur a 20 km da Chennai, 100 casi in cui i pescatori e le loro famiglie hanno venduto i reni. Maria Selvam, capo dell’associazione dei pescatori di Ernavur ha detto “Il 98% delle persone che vendono i loro reni sono donne”. “I pescatori – continua Maria Selvam – che vivono nelle barche, sono costretti a stare a 10 km dal porto e, non potendo raggiungere ogni giorno Ernavur, finiscono per non lavorare gettando così le loro famiglie nella povertà. Se gli uomini non lavorano sono le donne che devono trovare il denaro. Trovandosi così in condizioni disperate arrivano a vendere i reni”.
L’aumento delle denunce su questo commercio ha fatto accrescere l’attenzione delle forze di polizia. Un ufficiale di Chennai ha riferito che in seguito all’aumento dei controlli sulle vendite di reni nel Tamil Nadu di queste settimane, il commercio è diminuito lievemente.
Alcuni sostengono che vendere gli organi per denaro – a meno che non venga messa in pericolo la vita del donatore – non è sbagliato e il modo migliore per fronteggiare il commercio illegale è legalizzarlo. Secondo Pinakapani Manorama, medico di Chennai che aiuta il guppo Ches, se il commercio venisse legalizzato l’incontro tra chi dona e riceve gli organi potrebbe avvenire alla luce del sole e il donatore potrebbe ricevere diversi benefici.
La storia di un’altra donna, Chithra (38 anni) ex prostituta, mette in luce altri lati del problema. Chithra ha venduto il suo rene sei anni fa e ora si occupa del commercio illegale di organi. “Quando mio marito morì sette anni fa – racconta la donna – io e le mie due figlie cademmo in povertà. Fu allora che un amico mi cominciò a far lavorare in un hotel come intrattenitrice”. “Ma pochi anni dopo – continua Chithra – il trafficante a cui vendetti il mio rene mi offrì l’opportunità di lavorare con lui. Negli ultimi quattro anni ho aiutato oltre 30 persone a ricevere i reni. Di solito non impiego più di una settimana per procurarmi un donatore e in genere sono tutti donne. I loro mariti sono alcolisti o sono morti”. “Per una trattativa prendo tra le 15mila e le 20mila rupie – dice la donna - il mio capo prende tre volte di più. La polizia ha cominciato a darci la caccia, ma non ha diminuito di molto i nostri affari. L’unico inconveniente è che adesso dobbiamo dividere i nostri guadagni con loro”.
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