Dopo 6 mesi di tentativi inutili, si dimette il premier nepalese Khanal
di Kalpit Parajuli
I partiti di opposizione lo accusano di una cospirazione per riportare i maoisti al potere. Impossibile la consegna della nuova costituzione entro il 31 agosto. L’appello del presidente Yadav per un nuovo governo di coalizione.
Kathmandu (AsiaNews) – Pressato dai partiti di opposizione e ricattato dai maoisti il Premier comunista nepalese Jhalanath Khanal si dimette dopo sei mesi di governo. La decisione è stata comunicata ieri sera.
Già annunciate lo scorso 28 luglio, le dimissioni di Khanal si devono alle pressioni del Nepali Congress (Nc), principale partito di opposizione. In questi mesi l’Nc ha accusato il Primo ministro di una cospirazione segreta con il leader maoista Prachanda, per portare gli ex guerriglieri al potere, senza prima provvedere al loro completo disarmo. A tutt’oggi sono oltre 19mila i miliziani ancora dislocati nei campi di addestramento.
In una conferenza stampa Khanal ha confessato di non poter trovare un accordo fra i vari partiti per consegnare una nuova costituzione al Paese e completare il processo di pace entro il termine fissato dall’Onu per il prossimo 31 agosto. I due punti sono essenziali per portare il Nepal verso la democrazia, dopo secoli di monarchia e oltre 10 anni di guerra civile. Ieri, il presidente Ram Barav Yadav ha invitato i partiti politici ha impegnarsi per formare un nuovo governo di coalizione. Tuttavia, secondo gli analisti, nessun partito è in grado di creare un consenso condiviso fra le formazioni politiche. Questo è il secondo tentativo andato a vuoto. Il primo è stato quello dell’ex premier comunista Khumar Nepal. Dopo le sue dimissioni nel giugno 2010, il Paese è rimasto oltre sette mesi senza un premier.
Nel 2006 l’Onu e il governo ad interim hanno elaborato un processo di pace che implica la scrittura della prima costituzione democratica del Nepal e il riassorbimento nella società delle milizie maoiste. Nel 2008, guidati dal loro leader Prachanda, i maoisti hanno vinto le elezioni. Ma nel maggio 2009 il premier maoista si è dimesso per i contrasti con il presidente e il capo di stato maggiore. A tutt’oggi i maoisti sono ancora il principale partito del Nepal e sfruttano il loro potere ostacolando il lavoro dei governi con scioperi e proteste, portando il Paese allo stallo politico ed economico.
Già annunciate lo scorso 28 luglio, le dimissioni di Khanal si devono alle pressioni del Nepali Congress (Nc), principale partito di opposizione. In questi mesi l’Nc ha accusato il Primo ministro di una cospirazione segreta con il leader maoista Prachanda, per portare gli ex guerriglieri al potere, senza prima provvedere al loro completo disarmo. A tutt’oggi sono oltre 19mila i miliziani ancora dislocati nei campi di addestramento.
In una conferenza stampa Khanal ha confessato di non poter trovare un accordo fra i vari partiti per consegnare una nuova costituzione al Paese e completare il processo di pace entro il termine fissato dall’Onu per il prossimo 31 agosto. I due punti sono essenziali per portare il Nepal verso la democrazia, dopo secoli di monarchia e oltre 10 anni di guerra civile. Ieri, il presidente Ram Barav Yadav ha invitato i partiti politici ha impegnarsi per formare un nuovo governo di coalizione. Tuttavia, secondo gli analisti, nessun partito è in grado di creare un consenso condiviso fra le formazioni politiche. Questo è il secondo tentativo andato a vuoto. Il primo è stato quello dell’ex premier comunista Khumar Nepal. Dopo le sue dimissioni nel giugno 2010, il Paese è rimasto oltre sette mesi senza un premier.
Nel 2006 l’Onu e il governo ad interim hanno elaborato un processo di pace che implica la scrittura della prima costituzione democratica del Nepal e il riassorbimento nella società delle milizie maoiste. Nel 2008, guidati dal loro leader Prachanda, i maoisti hanno vinto le elezioni. Ma nel maggio 2009 il premier maoista si è dimesso per i contrasti con il presidente e il capo di stato maggiore. A tutt’oggi i maoisti sono ancora il principale partito del Nepal e sfruttano il loro potere ostacolando il lavoro dei governi con scioperi e proteste, portando il Paese allo stallo politico ed economico.
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